IL PERCORSO E IL LAVORO SULLE MASCHERE di Anna Maria Verrastro
con valore di prefazione al libretto TESTI E MASCHERE DI CERAMICA (anno 2004) per genitori, operatori del settore, educatori, amministratori pubblici e privati La maschera è forte da sempre, simbolo carico di significati. A volte parlarne mette a disagio perfino gli adulti, figuriamoci i bambini e le persone con disabilità. Perché essa sommuove dentro di noi territori nascosti, nebulosi, latenti, inesplorati, ancestrali, ricordi, paure, emozioni, contraddizioni. La comprensione di molti simboli che la maschera rappresenta è il più delle volte chiara a tutti e cosciente. Altri simboli sono invece percepiti inconsapevolmente. Doppiezza, nascondimento, inganno, castigo, cattiveria, mostruosità, travestimento, buio, morte, cecità, veggenza, ribellione. La maschera impedisce la visione di ciò che le sta dietro. Ma spesso rappresenta se stessa svelandosi. A volte rappresenta il male, a volte il bene. La indossano i cattivi, la indossano gli eroi. Nell’immaginario collettivo, in modo particolare nell’immaginario infantile e in quello dell’handicap, le prime maschere che affiorano alla mente sono le maschere del Carnevale. A Carnevale il travestimento totale coinvolge il corpo intero col costume. Una maschera bianca, o di altro colore e forma, a volte spaventosa, gigante, grottesca, copre il viso. Maschera di Zorro eroe positivo con mantello nero e spada che lascia sui muri e la fronte il segno zeta con la punta affilata. Le maschere di cera. La maschera di ferro. Il fiero cerchiolino nero della benda sull’occhio guercio del pirata appare come una sorta di maschera abbozzata. Il cieco con gli occhiali è come se indossasse una sorta di maschera. Le strisce di colore sul viso degli indiani sono una maschera sul sentiero di guerra. La maschera di Pulcinella e della commedia dell’arte, le maschere di cuoio, le maschere di legno africane. Le teste giganti dei draghi cinesi. Un viso trasformato dalla collera così diverso dalla quiete assume valore di maschera. Le guance che i bambini gonfiano col fiato e le linguacce con gli occhi storti sono giochi e ricerche di maschere. Il grande occhio al centro della fronte di Polifemo gabbato da Ulisse è una maschera. Le maschere antigas nei film di guerra sono maschere. Il cappuccio dell’impiccato è una maschera. Maschera è anche il cappuccio del boia. Il clown col naso rosso è una maschera. Un totem di legno infisso nella terra è una maschera guardiana. La testa di paglia dello spaventapasseri solo nel mezzo di un campo è una maschera. Godzilla, la Mummia, Dottor Jackyl-Mister Hayde, Nembo Kid-Clarc Kent, l’Uomo Mascherato, Diabolik, Pinocchio, sono maschere. Anche il lupo travestito da nonna nella favola di Cappucetto Rosso e la strega che inganna Biancaneve con la mela addormentata sono maschere. La striscia in televisione nera sugli occhi degli intervistati che non vogliono farsi riconoscere è una maschera. Un occhio nero, per pugno o per battuto, un dente caduto, una guancia stragonfia di mal di denti sono maschere. Una barba, un paio di baffi, i capelli sparati di Renato Zero, i rami contorti degli alberi del bosco che sembrano mostri quando viene il buio, le teste dei serpenti in primo piano nei documentari, i Ninja, i Robot, e tutti gli eroi moderni dei giochi dei bambini, le sagome d’ombra dei nostri corpi sui muri alla luce di luna o di lanterna, i cappucci bianchi del Ku-Klux-Klan, il passamontagna e la calza di seta sul volto del ladro, il fazzoletto sulle labbra del bandito, il teschio con le orbite vuote degli occhi carne che non c’è più, e lo scheletro intero che sembra tagliato a fessure, la morte che a volte viene con la falce e con la maschera, i dipinti del Diavolo, la mamma che si mette una crema di bellezza e resta sdraiata al sole. Maschere. Ogni volta colui che indossa una maschera appare diverso, misterioso, inquietante.
Un lavoro sulle maschere è sempre un lavoro delicato. Tutti questi simboli, e altri ancora, possono produrre reazioni emotive in chi affronta la maschera. I ragazzi disabili con cui abbiamo lavorato in questi anni l’hanno affrontata in un percorso lungo e graduale con un impatto decisamente positivo e liberatorio. Ha iniziato Anna coinvolgendo i ragazzi in un discorso generalizzato sulle maschere. Poi sono state presentate maschere di plastica bianca, semplici e normali, quelle di carnevale. Le hanno toccate, le hanno indossate, si sono guardati uno con l’altro, se le sono scambiate, si sono guardati allo specchio, hanno riso, hanno giocato. Hanno raccontato impressioni, sensazioni, somiglianze. Poi si è introdotta l’argilla costruendo una maschera, ma non ancora la loro maschera. Anna ha fatto modellare una maschera di “fantasia” che rappresentasse però loro stessi. Ma prima hanno dovuto fare un progetto sulla carta, un disegno. Il concetto di maschera è stato prima affrontato con la matita, con il segno grafico, il foglio bianco. Una esplorazione della maschera ancora eterea, presa alla lontana. Hanno individuato linee e forme, hanno toccato la maschera con la leggerezza della matita. Dopo hanno affrontato e realizzato con l’argilla il loro progetto. Le dita hanno toccato un materiale morbido, hanno toccato e scavato occhi, orecchie, guance, ciglia, hanno preso confidenza con la rotondità e l’ovale del viso L’ingresso nel mondo della maschera è già avvenuto, ogni risposta emotiva sotto controllo e in piena fioritura. Poi la cottura delle maschere. Il loro fermarsi nel tempo, il loro indurire, il loro fissarsi nelle forme che i ragazzi hanno impresso. Poi il colore. Di nuovo un toccare e rivisitare con movimenti di psicomotricità fine, con il pennello accarezzare occhi, ciglia, guance, naso, mento, dolcemente corteggiando l’affettività verso la loro maschera di fantasia sino a riconoscerla e a sentirla familiare. Ed ecco ora interviene Pietro con l’affabulazione. Le maschere vengono rivisitate con lo sguardo e la parola. Per ogni maschera i ragazzi compongono una poesia, trovano parole suggerite dalle loro maschere. Un lungo lavoro di osservazione e di invenzione. L’oggetto diventa il pretesto per una ricerca semantica e lessicale. Le poesie vengono lette e “recitate”. I ragazzi si cimentano nella vocalità e nella narrazione orale. Solo ora è arrivato il momento di costruire la “loro” maschera. Si sono guardati l’un l’altro, si sono toccati il viso, hanno osservato i dettagli delle loro fattezze, le loro rotondità, le loro sporgenze, le linee curve del loro viso, si sono conosciuti meglio. Realizzate le loro maschere con l’argilla, dato il colore. Le hanno osservate a lungo. Hanno scritto altre poesie, hanno ascoltato i giudizi che ciascuno dava dell’altro, e li hanno accettati diventando osservatori benevoli e attenti di se stessi.
Il percorso, che è durato un anno, si è svolto a tappe graduali e approfondite, consentendo una esplorazione affascinante di se stessi senza che ricordi, reminescenze, paure, affiorassero a disturbare l’approfondimento e il delicato proseguire della loro esperienza creativa. I testi prodotti sono la verbalizzazione del loro immaginario. Essi hanno consentito di “metabolizzare” i contenuti simbolici che la maschera rappresenta ed evoca.
La piegatura dei fogli (lavoro di precisione, di dettaglio, di concentrazione, di pazienza, di controllo della forza muscolare), il loro assemblarli, pinzarli, rifilarli con la taglierina, ha mostrato il processo di produzione artigianale del libro. Lo hanno vissuto con gioia e un po’ di orgoglio, consapevoli che quei fogli contenevano le loro parole.
A lavoro finito non poteva che essere conclusione ovvia e naturale il rileggere un’altra volta, a voce alta, le loro poesie.
Annamaria Verrastro
MASCHERA DI FANTASIA realizzata da GUALTIERO poesia collettiva
Gli occhi in fondo qua di Maria per vedere ballare la lucciola al bouling.
Nasi e fazzoletti per soffiare starnuti e occhi storti e orecchie che insegnano a parlare d’amore la persona che tocca sotto il mento.
Quelli che ridono fanno il solletico.
La maschera saluta le ragazze ciao belle coi capelli ad arcobaleno.
MASCHERA DI FANTASIA realizzata da ODDINO poesia collettiva
Ciglia come sabbia bruciata a terra nere guardano ciliege e fiori capelli lunghi e strani e soffici signora bella che ride sulla neve.
Gioca a carte e vince.
Strada lunga a forma di cuore con strisce pedonali e fortuna.
Guancia piena.
Il dente che fa male scappa via maschere e gondole a Venezia.
MASCHERA DI FANTASIA realizzata da ROMUALDO poesia collettiva
Sveglia per leggere libri con gli occhi e le pupille nere.
Non si scontra col treno lontano lontano. Si ferma.
In stazione ascolta tarantelle e pizziche con la bocca rosa e storta seduta sulla panchina.
Due semafori e passa il treno con la sbarra lunga così.
Le macchine ferme.
I denti nascosti battono per mangiare al bar.
La faccia pulita.
Il bastone bianco profuma di amico. nota: per questioni di privacy abbiamo scelto di usare nomi fittizi per gli utenti
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