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355 visitatori onlineNELLA MISURA BREVE DELL'ISTANTE HAIKU - di Grazia Valente |
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News - News | |||
Scritto da Tartamella | |||
Lunedì 20 Febbraio 2012 08:38 | |||
"nella misura breve dell'istante haiku"
RIFLESSIONI SUL HAIKUdi Grazia ValenteUn’esperienza personale
Nel pormi le domande: che cosa so io del haiku? Perché sono stata attratta da questo genere di poesia? Quali difficoltà ho incontrato nel comporla? ho dovuto, come succede nei film o nei romanzi, fare un passo indietro e riandare con la memoria alla scoperta iniziale di questo modo di comporre versi. L’esistenza del haiku (1) mi è stata rivelata dall’antologia Cento haiku (edita da Longanesi), le cui pagine sono ormai color paglierino. Leggevo e rileggevo le brevi composizioni, corredate di commento esplicativo, con la bella prefazione di Irene Iarocci, che ne ha curato anche la traduzione. Dubito di aver ben compreso a quel tempo (l’edizione di cui parlo è del 1982) che cosa fosse veramente il haiku. Solo molti anni dopo, nel venire a contatto con l’Associazione Amici del haiku di Roma e dopo aver preso conoscenza dell’esistenza di un concorso internazionale dedicato al haiku, ho provato a comporne. Va detto che, all’incirca dal 1987, scrivevo regolarmente poesie, caratterizzate dalla brevità. E certamente una delle ragioni dell’attrazione verso il haiku è stata il suo minimalismo, quel suo esserci quasi schermendosi, senza enfasi e senza retorica. Era un po’ lo spirito che animava anche i miei versi, che a volte lasciavano spazi di sospensione che disorientavano il lettore, i quali spesso mi rivolgevano la domanda: - ma è finita così? (la poesia). Questo senso di sospensione lo ritrovavo anche nel haiku. Ciò che invece mi ha reso subito difficoltoso lo scriverne è stata la concretezza che lo caratterizza La mia poesia infatti era sì breve, ma poco concreta, affidata spesso a simbologie e venata di filosofia. Un’altra difficoltà era costituita dalla pressoché totale scomparsa dell’Ego nel haiku giapponese (caratteristica questa che appartiene alla stessa lingua giapponese), mentre nei miei versi la soggettività era spesso una componente essenziale. Un elemento in comune era costituito invece dall’essere il haiku prettamente autobiografico. Scrive Carla Vasio, nella prefazione all’antologia Se fossi il re di un’isola deserta, Ediz. Empirìa, a proposito dell’importanza del kigo (il riferimento alla stagione), : “ …la scelta deve tener conto di molti elementi apparentemente secondari, oltre che dello stato d’animo del poeta, anche della sua età, del suo grado, del carattere, dell’umore, del tempo, del luogo e così via … Un haiku non è mai una divagazione lirica separata dalla realtà del momento esistenziale in cui si trova lo haijin (il poeta di haiku) quando lo scrive: se si leggessero in successione cronologica tutte le poesie di un autore, si scoprirebbe non solo il suo sviluppo spirituale e il suo curriculum letterario, ma anche la sua biografia registrata minuziosamente nei momenti più significativi, particolareggiata e insieme fatale per quanto contiene di occasione e di destino congiunti …”. Nel haiku si pratica il “qui e ora”, il famoso “afferra l’attimo” vi trova la sua piena realizzazione. Nei miei versi invece l’elemento autobiografico era posteriore all’evento che li aveva suscitati, apparteneva al mondo della memoria, veniva storicizzato per essere raccontato di nuovo, quasi rivissuto, anche se con i tratti autocritici e di riflessione derivanti dal tempo trascorso . Quindi, autobiografia sì, ma diametralmente opposta al sentimento del haiku, rivolto al presente e solo a questo. Tutto il mio modo di comporre andava quindi ridisegnato. Soprattutto andava affinato lo sguardo verso la concretezza della vita quotidiana, per riuscire a focalizzare gli eventi minimi di cui sono costellate la nostre giornate, scoprendone l’unicità e il contenuto emotivo di cui quasi mai ci rendiamo conto. Un altro elemento essenziale alla composizione di haiku è costituito dalla presenza pressoché costante della natura e dei suoi mutamenti stagionali, suggeriti dalla presenza del kigo (e dirò più avanti dell’importanza, a mio giudizio, di tale elemento nella composizione del haiku). Mi rendevo conto di quanto poco la conoscessi e di quanta superficialità era intrisa la mia presunta capacità di osservazione. Era necessario che imparassi a “vedere” le cose che mi circondavano, e poi a rappresentarle in quella forma breve. Ciò che potevo salvare, del vecchio modo di fare poesia, era quella zona di mistero, quel “non detto” che era anche il fascino del haiku. Ciò che dovevo invece dimenticare era l’uso della metafora, l’esasperato soggettivismo, oltre, ovviamente, alla struttura compositiva. Per quanto riguarda la scansione sillabica di 5-7-5 sillabe, non ho avvertito particolari difficoltà. Dopo un breve periodo di “allenamento”, era come imparare un nuovo passo di danza. Abbastanza presto mi è diventato naturale già “pensare” il haiku in quella forma metrica. “Chiunque può comporre haiku, purché sia dotato di sensibilità e conosca l’uso della scrittura” , dice sornione il Maestro giapponese di haiku Tadao Araki. A volte avvertivo di essere dotata della fine sensibilità di un lampione. Il cammino è stato lungo e faticoso. A volte scrivo versi di 5-7-5 sillabe che non sono veri haiku (questo almeno sono riuscita a capirlo!). Dicono i Maestri che se, nell’arco di una vita, riesci a comporre 5 buoni haiku, sei un haijin. Se riesci a comporne 10, sei un Maestro. E veniamo all’importanza del kigo. Ma, innanzitutto, che cos’è esattamente? La definizione più comune lo identifica come la parola-chiave che indica la stagione. La stagione aveva e ha tuttora la funzione di stabilire nel verso un legame preciso con la realtà quotidiana, con la vita del singolo o della collettività, con la natura. Il kigo è quindi la parola-simbolo riguardante la flora, la fauna, avvenimenti religiosi o popolari giapponesi, cibi, che sta appunto a indicare una precisa stagione. Quando un haijin si accinge a comporre un haiku deve scegliere tra i 25.000 (sì, avete letto bene!) kigo codificati quello che meglio esprime l’essenza dell’immagine che egli vuole rappresentare. L’errore più comune, per noi occidentali che non conosciamo il repertorio dei kigo (anche se alcuni di essi sono stati tradotti, ma soltanto in minima parte) è quindi quello di introdurre, in uno stesso haiku, kigo che rappresentano stagioni diverse. Ad esempio, ecco due haiku tratti da “Haiku in Italia” (Ediz. Empirìa), commentati da Tadao Araki:
(G. Vit)
“Contenendo di proposito la parola “marzo”, non può che essere un haiku primaverile, ma il soggetto è la luna, kigo che nella tradizione giapponese indica l’autunno: esiste il kigo “luna primaverile”, il cui uso però rende inutile quello di “marzo”. Se si legge questo haiku seguendo la tradizione giapponese, si ha davvero la spiacevole sensazione di confusione tra primavera e autunno. Questo è un fenomeno imputabile alla mancanza di kigo codificati nell’haiku italiano …”. Forse, viste le difficoltà, a noi occidentali converrebbe tralasciare l’uso del kigo, consapevoli però del rischio, molto probabile, di introdurre nel nostro haiku parole che per noi sono neutre, ma che in realtà sono dai giapponesi usate come kigo. Infatti, per eliminare il kigo, bisogna conoscere il repertorio dei 25.000 kigo! Si direbbe una strada senza uscite. E’ noto che nelle avanguardie poetiche giapponesi spesso il kigo viene eliminato, così come non viene rispettata la classica scansione sillabica di 5-7-5 e viene altresì introdotto “l’uso di parole “nuove”, prima non ammesse nella composizione di un testo poetico”, come scrive Carla Vasio nella prefazione a “Haiku antichi e moderni” – Ediz. aValiardi. Scrive ancora Carla Vasio: “Il kigo è importante, perché senza di esso viene meno la possibilità di individuare nella composizione un preciso punto del tempo sottratto a quel continuo oscillare fra passato e futuro in cui il mondo si dissolve, sentimento della fuga del tempo che è sempre malinconicamente insito nella sensibilità giapponese. Da parte sua il lettore è ricondotto dal kigo al momento in cui si è condensata la sensazione descritta, affinché possa richiamarla e riviverla”. Conclude Carla Vasio: “La brevità delle 17 sillabe a disposizione del poeta di haiku costringe a uno sforzo di sintesi e a una precisione di linguaggio che è esercizio di alta scuola, ma non riservato a pochi eletti. Infatti lo haiku richiede una sensibilità particolare nella scelta dell’immagine, nell’uso delle parole, nella composizione dei versi, che non sempre il tecnicismo dei professionisti favorisce…”. E a proposito di ques’ultimo aspetto, sottolineato dalla Vasio, il rischio, a mio giudizio, è quello di comporre haiku artificiosi, avvalendosi di un “repertorio” collaudato, preoccupati soltanto della sonorità, appagati dal risultato esteticamente apprezzabile. Una caratteristica del haiku è invece quella della semplicità, della naturalezza. Semplicità che spesso sembra portare con sé la domanda: - Tutto qui?, e viene quindi trattata con sufficienza, ignorando che la semplicità nella struttura del haiku riproduce le componenti tipiche della mentalità nipponica, e dimenticando che dietro l’apparente semplicità l’atmosfera che lo pervade è caratterizzata da intime profondità, inaccessibili a una lettura distratta. Bisognerebbe quindi rispondere a quella domanda: - è tutto qui? con: - qui è tutto! Viene in mente la favola di Andersen “L’usignolo dell’Imperatore”, con i due usignoli, quello naturale e quello meccanico, che gareggiano tra loro: “ … l’usignolo vero cantava come gli dettava il cuore, quello meccanico ripeteva le stesse note senza mai cambiare …. le canzoni dell’uccellino dei boschi nascevano dai sentimenti, quelle dell’altro da una molla …”
Grazia Valente è nata a Torino, dove vive. E’ autrice di numerose poesie, alcune delle quali sono state pubblicate su riviste e antologie. Nel 1999 ha vinto il premio nazionale Haiku Contest (Roma). Un suo racconto, vincitore di un concorso della R.A.I., è stato inserito in un’antologia (Edizioni ERI). Attualmente fa parte del gruppo culturale “Poesia in Progress” che, nel corso del 2008, ha presentato al Circolo dei Lettori di Torino un programma su vari temi legati alla poesia e alla letteratura in genere.
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Ultimo aggiornamento ( Lunedì 20 Febbraio 2012 20:51 ) |
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