 Cascina Macondo Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce e Poetica Haiku Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino - Italy
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L'HAIKU ITALIANO E LA POETICA HAIKU
MANIFESTO DI CASCINA MACONDO "LA POESIA HAIKU IN LINGUA ITALIANA" PER UNA VIA ITALIANA ALLA POETICA HAIKU a cura di Pietro Tartamella- prima stesura del Manifesto - ottobre 2002- primo aggiornamento del Manifesto - maggio 2006- secondo aggiornamento del Manifesto - ottobre 2009 - terzo aggiornamento del Manifesto - agosto 2011- quarto aggiornamento del Manifesto - settembre 2011- quinto aggiornamento del Manifesto - ottobre 2012 AGGIORNAMENTO E IMPOSTAZIONE GRAFICA CURATA DA MARIO SECCO - OTTOBRE 2016sesto aggiornamento del Manifesto - novembre 2018 (l'apostrofo)
Il presente Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana riassume il pensiero e le concezioni di Cascina Macondo sull’arte di scrivere Haiku. Altre esperienze e scuole potrebbero avere opinioni diverse.
consigliamo di consultare spesso il presente "Manifesto della poesia Haiku in lingua italiana" specie a coloro che partecipano al Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana bandito da Cascina Macondo Matsuo Basho DOCUMENTO IN PROGRESS Spesso gli errori non stanno nelle parole, ma nelle cose. Bisogna correggere i dettati, ma bisogna soprattutto correggere il mondo… Il mondo sarebbe bellissimo se ci fossero solo i bambini a sbagliare.
Gianni Rodari
PREMESSA alcuni ci dicono: “Voi di Cascina Macondo avete un modo di dividere le sillabe troppo complicato e una concezione dell'haiku troppo complessa”. È vero! Ma l’osservazione è un'osservazione un po' da pigri. La divisione in sillabe che pratichiamo è la stessa che tutti abbiamo imparato a scuola, e che tutti dovrebbero conoscere. Ma in Italia normalmente la gente conosce solo la sillabificazione grammaticale, quella appunto che si impara a scuola. Nel nostro Manifesto esploriamo la sillabificazione metrica concludendo che lo scrittore di haiku ha la libertà di scegliere, secondo l’occorrenza, di conteggiare le sillabe in modo grammaticale o metrico, vedendo così notevolmente aumentate le possibilità di giostrare con le parole, pur rimanendo nel rispetto della tradizione delle 5-7-5 sillabe. Non deve stupirci se in italiano incontriamo un verso di 10-11 sillabe (conteggio grammaticale) che si riducono a 7 sillabe canoniche, se utilizziamo il conteggio metrico. L'unico atto di "fede", se così possiamo dire, è l'accettazione di questa libertà che lo scrittore di haiku riteniamo debba avere nel conteggiare le sillabe (grammaticalmente o metricamente), in virtù del fatto che l'haiku è un "oggetto poetico" particolare, e in virtù del fatto che riteniamo prioritario il rispetto della tradizione (5-7-5 sillabe), piuttosto che la scelta del "verso libero", come avviene nei paesi di lingua inglese. Preferiamo tributare un doveroso rispetto al paese ospite, il Giappone, che ha prodotto ed esportato in tutto il mondo la poetica Haiku, piuttosto che accettare il "verso libero" che ci sembra una trasgressione un po' "invasiva" (chissà forse tipica del mondo occidentale). Se una trasgressione vogliamo farla, sì, la facciamo, ma alla NOSTRA tradizione, non a quella del Giappone! Per questo abbiamo scelto la via della libertà, per l'autore, di conteggiare le sillabe sia metricamente che grammaticalmente. L'altro principio portante del presente Manifesto possiamo esporlo con queste parole: "fra diverse opzioni tecniche relative all'haiku preferiamo scegliere, in virtù della sua particolarissima natura, quelle che (con le dovute argomentazioni) ampliano il più possibile i "confini" e le possibilità dell'haiku". Attualmente ci sembra di capire che gli scrittori di haiku di lingua inglese che usano il verso libero, e gli scrittori che usano la scansione formale di 5-7-5 sillabe, non stiano giocando allo stesso gioco. Non ci sono altre spiegazioni per accettare la libertà di poter conteggiare le sillabe in modo grammaticale e/o metrico. Per questo parliamo di "atto di fede". Se accettiamo questa libertà, le conseguenze sono notevoli. E' la scelta che Cascina Macondo ha fatto. Molti giudicano comunque la nostra scelta ancora eccessivamente “tradizionalista”. È vero, abbiamo scelto di essere tradizionali nel praticare con precisione la struttura formale dell’haiku, ma questo non ci impedisce, all’interno di questa scelta apparentemente restrittiva, di essere “trasgressivi”, tanto quanto coloro che hanno scelto la via del verso libero. Riteniamo infatti che l’introduzione del Piccolo Kigo, del Kigo Temporis, del Kigo Misuralis, delle raccolte Tawani, Nakanisoto, Hanasanasi, della Lettura Zikan, e tante altre elaborazioni metriche, formali, estetiche e di contenuto, siano scelte molto trasgressive che pur rompendo con la tradizione, restano nella tradizione, ampliando però le possibilità e lo sviluppo moderno della poetica haiku. Ciò che ricordiamo è che con le sillabe non tutto si può fare. L'autore però può giostrare e giocare con esse come un saltimbanco, sempre guidato da regole precise e riconoscibili, avvicinandosi così alla libertà che gli anglosassoni hanno quando utilizzano il verso libero. Superfluo, davvero superfluo, dire che non sarà la conoscenza a menadito di tutti i contenuti del presente "Manifesto" a farci scrivere dei buoni haiku. La sillabificazione è solo uno "strumento" per far si che il gioco con i paesi di lingua inglese sia il più possibile "alla pari". La sensibilità, la profondità, la creatività, la percezione, la capacità di ascolto, l'intelligenza di un poeta, il buon senso... nessun manifesto li potrà insegnare.
Buona lettura. 1) DEFINIZIONE DI SEKAISAN (HAISAN o SEKAI) ogni pagina web in cui ci imbattiamo troviamo che la descrizione dell’haiku comincia più o meno sempre così: “l’haiku è un breve componimento poetico di tre versi scanditi in 5-7-5 sillabe...”. In realtà la parola “verso” in italiano è ambigua, vuol dire: "frase in cui le parole si dispongono secondo le leggi della metrica", o anche: "una serie di sillabe ritmate secondo un sistema di accenti"; ma vuol dire anche: “un rigo di poesia”. La sovrapposizione di più concetti può portare confusione nella comprensione dell’haiku e in genere del Sekaisan. Cascina Macondo preferisce dare la seguente definizione strutturale del Sekaisan (o Haisan o Sekai): “Il Sekaisan è un generico componimento poetico di origine giapponese, senza titolo, strutturalmente formato da tre stringhe o metri , ciascuno contenente una quantità libera di sillabe, può o non può avere il Kigo”. Il termine HAISAN è composto dall’unione della prima parte della parola Haiku: HAI e dalla parola SAN che in giapponese vuol dire TRE. Quindi semplicemente “tre versi”. Sinonimi di Haisan sono i termini Sekaisan e Sekai (Sekai = mondo, universo, insieme di + San = tre) quindi semplicemente "l'universo dei tre"(sottinteso versi), "componimento poetico di tre versi". Sono gli haiku liberi, che non rispettano le sillabe, che possono o non possono avere il Kigo. I termini suggeriti sono migliori di “pseudo-haiku” o “quasi-haiku” o “haiku impuro” che in qualche modo esprimono un giudizio negativo, quasi un risolino di scherno, come se si volesse dire che il poeta voleva scrivere un haiku, ma non ci è riuscito. I termini Haisan, Sekaisan, Sekai non hanno connotazioni negative. Rispettano la scelta dei poeti che vogliono scrivere haiku moderni, con sillabe libere e senza essere vincolati dalla stagione. Ci sembra opportuno dare dignità a questa forma di poesia che molti poeti occidentali, ma anche giapponesi, hanno scelto consapevolmente e che con vigore propugnano. Ma ci sembra anche opportuno non chiamare questi componimenti Haiku. Il termini che proponiamo ci sembrano dignitosi e appropriati, e rispettano la volontà degli Haijin che hanno scelto questa via. 2) DEFINIZIONI DELL’ HAIKU TROVATE SUL WEB Per conoscenza riportiamo qui di seguito alcune definizioni e descrizioni dell'haiku che abbiamo trovato sul web: a) "componimento poetico di origine giapponese di tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora cinque sillabe. È una poesia dai toni semplici che elimina i fronzoli lessicali e le congiunzioni e trae la sua forza dalle suggestioni della natura e le sue stagioni. Per l'estrema brevità richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine. Tradizionalmente l'ultimo verso è il cosiddetto riferimento stagionale o kigo, cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell'anno in cui viene composta o al quale è dedicata. Soggetto dell'haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo dell'haijin (il poeta). La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni. Gli haiku tradizionali non hanno alcun titolo". http://it.wikipedia.org/wiki/Haiku b) "l'haiku è un componimento di tre versi di 5-7-5 sillabe, che sostituiscono i metri classici nella storia della poesia giapponese. Ogni haiku contiene un kigo, ossia una parola - fiore, frutto, festività o altro - che evoca la stagione che lo incornicia." http://forum.igz.it/ c) "è un tipo di poesia giapponese. Le sue caratteristiche sono: la sua struttura in 17 sillabe (5-7-5); il modo estremamente conciso in cui vengono espressi i concetti; il contenuto rivolto sempre alla natura, alla quotidianità e alla semplicità". http://web.dsc.unibo.it/d) " Haiku forma poetica nata in Giappone a partire dal grande maestro Matsuo Basho (1644-1694). E’ una suggestione semplice e profonda, ha una struttura fissa di 5-7-5 sillabe (o corta-lunga-corta) all'interno della quale vengono eliminati i fronzoli come le congiunzioni e molti altri elementi che abbondano invece nella poesia a più strofe. L'haiku è una poesia di cose non di idee. Fa riferimento attraverso il kigo alle quattro stagioni: primavera, estate, autunno, inverno; nel quale si cristallizzano le emozioni sfumate che percorrono una stagione. Vengono quasi dipinti dei lievi tratti come la pittura impressionistica, i contorni non sono definiti.. ma, proprio per questo, lasciano lo spazio all'animo e alle sensazioni di passare più rapidamente dal verso, al cuore, ad una comunicazione interna.. che è libera, quasi come un lieve vento.. che fluisce dai versi appena accennati, alla nostra interpretazione.. che non è necessariamente mentale" http://www.aurorablu.it/haiku/haiku.htm e) "L'haiku e' una classica poesia giapponese, formata di soli 4 o 6 versi, di cui i primi due o tre descrivono un dato visivo, uditivo, sensoriale, cioè una sensazione proveniente dall'ambiente e dalla natura circostante (per esempio: le foglie gialle di un albero; le stelle che brillano di notte). Gli altri due o tre versi esprimono invece i sentimenti che tale dato sensoriale provoca nell'animo del poeta". http://www.dilloconunfiore.com/poesie/Haiku.htmf) "Haiku, componimento poetico giapponese che consta di diciassette sillabe distribuite in tre gruppi di cinque, sette e cinque sillabe. La forma haiku è dunque una rigorosa interpretazione del soggetto pensante che, affidandosi alla rapidità del frammento - o alla frammentazione della rapidità espressiva - racchiude in un esiguo spazio di qualche immagine, una impressione, un sobbalzo del cuore, un'aritmia". http://www.meditare.net/?q=haikug) "Haiku Componimento poetico in tre versi sciolti – rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe – tradizionale nella letteratura giapponese". http://www.eldalie.com/haiku/index.html h) "In giapponese si definisce haiku una forma poetica di 17 sillabe, costituite da tre brevi strofe, rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe. Si tratta di una delle forme più importanti, e probabilmente più conosciute all'estero, di poesia tradizionale. La sua estrema concisione e la difficile scelta dei vocaboli per esprimere molto più di quello che si potrebbe dire in 17 semplici sillabe, lo rende misterioso ed affascinante al tempo stesso". http://www.lifegate.it/essere/articolo.php?id_articolo=391i) "L’Haiku classico è composto da tre versi di 5,7,5 sillabe. In totale 17 sillabe, che in giapponese includono anche la punteggiatura".http://sviluppopersonale.modellidicomunicazione.com/haiku_pa_100.html) "Haiku: breve componimento poetico tradizionale giapponese, che in lingua originale ha un ritmo di cinque, sette, cinque sillabe per un totale sillabico di diciassette, scritte in tre righe". http://www.correnti.org/Tematiche/1_Concisione_haiku.htm3) L'HAIKU E LA PIZZA NAPOLETANA alcuni anni fa in Italia i nostri telegiornali diedero una notizia: un Comitato a Napoli si batteva per il riconoscimento del “Marchio di Origine” della Pizza Napoletana. Il Comitato sosteneva che solo una ricetta fatta con una serie di ingredienti specifici doveva essere considerata come la VERA RICETTA della PIZZA NAPOLETANA. A seguito di battaglie legali e ricorsi giuridici il Comitato Napoletano riuscì infine ad affermare il suo punto di vista. Allora ci siamo chiesti: se i giapponesi facessero la stessa cosa con l´Haiku? Se volessero rivendicarne la paternità dettando le regole e gli specifici ingredienti dell’haiku? Beh, noi crediamo che vincerebbero la battaglia, come i napoletani hanno vinto la loro con la pizza. Allora tutte le diatribe e le questioni nel mondo occidentale relative al Kigo, alle 5-7-5 sillabe, al verso libero, cadrebbero di colpo e non avrebbero più senso.
Cambio di rotta Cascina Macondo sosteneva in passato l’idea che occorreva liberare l’Haiku dalle catene troppo strette delle diciassette sillabe e della stagione. Componevamo haiku con versi liberi, senza l’obbligo del riferimento alla stagione. Grazie a quella notizia data dai telegiornali sulla pizza napoletana abbiamo rivisto le nostre posizioni che ci hanno condotto a stilare un “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana” definendo nella maniera più semplice e più chiara possibile una terminologia funzionale, anche se non sempre si rifà ai canoni tradizionali. La necessità di stilare un Manifesto è nata anche dai problemi tecnici che comporta l’organizzazione di un Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana come il nostro. Abbiamo dunque scelto da alcuni anni di seguire la via tradizionale accettando il limite dei tre versi scanditi con 5-7-5 sillabe. In verità con qualche deroga rispetto alle sillabe, ma solo entro i limiti che i fenomeni metrici della sillabificazione consentono. Questa scelta ci ha spinto a studiare e approfondire la sillabificazione e i fenomeni metrici e i diversi aspetti dell'haiku fino a stilare il presente “Manifesto" che amplia di molto le possibilità dell´haiku, che rispetta la tradizione, ma apre nuove strade alla poetica haiku, in un' ottica moderna e con l'ambizione di trovare almeno un VIA ITALIANA ALLA POETICA HAIKU. Il principio ispiratore dei contenuti di questo documento, che resta comunque "aperto" in quanto nuove esperienze e confronti e analisi potrebbero farci scoprire riflessioni inedite e nuovi approfondimenti, si basa sulla seguente riflessione: "L'haiku è un componimento particolare. Diffondendosi anche in occidente e in ogni parte del mondo è presumibile che si siano già composti centinaia di migliaia di haiku. A causa della sua brevità (solo tre versi di 5-7-5 sillabe), se leggessimo migliaia di haiku in sequenza la percezione di "ripetizione", di "già visto" sarebbe inevitabile, e la conclusione sarebbe che l'haiku è solo una sciocchezza e una velleità, nonché una noia. Per questa ragione occorre "ampliare" le sue possibilità in modo da consentire una produzione più variegata dei suoi contenuti. La prima scelta di Cascina Macondo, la nostra prima importante "trasgressione" è stata quella di accettare l'idea che un autore di haiku possa liberamente scegliere, usandoli anche contemporaneamente, il conteggio grammaticale o il conteggio metrico delle sillabe. Con questa scelta, invece di abdicare al rispetto della tradizione del Giappone (5-7-5 sillabe) dove l'haiku è nato, abbiamo spostato la "trasgresione" verso la tradizione della nostra lingua italiana, che in poesia consente solo il conteggio metrico. La libertà di utilizzare i due conteggi amplia le possibilità e lo spazio sillabico entro cui l'haiku si muove...".4) DEFINIZIONI POETICHE DELL' HAIKU Fabrizio Virgili dà dell’haiku la seguente definizione poetica:
cosa è un Haiku? un attimo di vita che si fa verso
La vita come un film. Nella vita il tempo, la sequenza di attimi, nel film la sequenza di fotogrammi. Attimi come fotogrammi. L’haiku ferma un attimo, ferma un fotogramma della nostra vita. Virgili ci dice che cosa è un haiku relativamente al tempo. L’haiku deve fotografare un istante della nostra vita, un’ immagine, una esperienza, un momento significativo carico di pathos.
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Pietro Tartamella dà dell’Haiku la seguente definizione poetica: bianche e rosse su sponde di biliardo rimbalza l’ haiku Secondo Tartamella l’haiku deve produrre un ribaltamento, un rimbalzo di immagini, un capovolgimento, una serie di colpi e movimenti difficili da cogliere, una sorpresa, una sovrapposizione di contenuti da dipanare, sino a che, come nel gioco del biliardo, non subentra la quiete della pallina che va in buca, o di tutte le palline che si fermano.
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Emilian Ratis un bambino della classe 2° A della scuola elementare Tommaseo di Torino dà la seguente definizione poetica dell’haiku:
belli i fiori di papà in giardino il mio haiku
Emilian ci dice la bellezza, la semplicità, l’amore per ciò che lo circonda e, soprattutto, la gioia di stare con il padre.
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Hans-Peter Kraus dice: “Un buon haiku comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi che lo compongono”. E’ una considerazione importante. Si riferisce alla capacità dell’haiku di produrre nel lettore una “tempesta” di immagini, un insieme di contenuti semantici differenti e contemporanei disposti su più piani che il lettore, con il suo intervento creativo, dovrà decodificare e condurre a sedimentazione.
prendiamo questo haiku di Sono Uchida:
alberi spogli sulle sponde del fiume ora si ignorano è un buon haiku: produce un rimbalzo nella nostra mente. Riusciamo infatti a decodificare l’immagine solo dopo che nella nostra mente è apparsa l’immagine opposta a quella descritta; infatti dobbiamo prima vedere gli alberi carichi di foglie, per poter cogliere il senso del loro “avvicinamento”. Solo in un secondo momento riusciamo a decodificare il contenuto semantico dell’ “ignorarsi” legato all’”allontanamento” dovuto allo spazio lasciato vuoto dalle foglie cadute.
prendiamo questo haiku di Sergio Tresin Satalic:
Stanco di sole Sulla spalla un tocco lieve di foglia
E’ un buon haiku, produce un rimbalzo semantico. Riusciamo infatti a decodificarlo solo quando nella mente del lettore è apparsa l’immagine di uno spostamento, di uno spazio percorso, il passaggio da un luogo esposto al sole a un luogo all’ombra, sotto un albero. Solo allora comprendiamo il significato del tocco leggero della foglia sulla spalla.
prendiamo questo haiku di Basho:
Antico stagno! Salta dentro una rana il suono dell’acqua.
e quest’altro di Basho Voce di cuculo. Notte di luna penetra il bosco di bambù. Dobbiamo fare una considerazione sulla verità osservata da Hans-Peter Kraus. Sostenendo egli che "un buon haiku comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi ", sta sostenendo contemporaneamente che un haiku se non comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi “non è un buon haiku!”. Dunque gli ultimi due haiku di Basho sullo stagno e la voce del cuculo, se prendiamo alla lettera l’osservazione di Hans-Peter Kraus, non sono buoni haiku. Ma crediamo che anche Hans-Peter Kraus giudichi “buoni” questi due haiku di Basho. La conclusione è dunque che l’affermazione di Hans-Peter Kraus è vera solo a metà. Occorre togliere il concetto di “buono” che egli ha inserito nella sua osservazione. Semplicemente riscontriamo che ci sono due tipi di haiku, “diversi”, e ugualmente “buoni”, di cui però non abbiamo ancora una definizione. Cascina Macondo suggerisce di chiamare queste due tipologie di Haiku: HAIKU GESTAZIONALE quello che comincia dopo che il lettore ha letto i tre versi che lo compongono. HAIKU FOTOGRAMMATICO quello che ci mostra un attimo, un evento, un qualcosa che accade qui e ora e che semplicemente invita il lettore ad una pura contemplazione, restando la sua mente statica, senza la “tempesta” di immagini che l’haiku gestazionale mira a creare. Scrivere haiku gestazionali e haiku fotogrammatici fa emergere due sostanziali stili di scrittura, due “estetiche” diverse con cui comporre haiku. Un Haijin può scegliere la via dell’haiku fotogrammatico con lo scopo di “ritrarre”, comporre un “quadro”, una “foto”, ponendo il lettore nel ruolo di “spettatore”, invitandolo a relazionarsi con lui in una dimensione “contemplativa”. La vocazione dell’haiku gestazionale sembra invece essere quella di produrre un ribaltamento, un sommovimento di pensieri, sensazioni e immagini nella mente di chi lo legge o lo ascolta, un sommovimento capace di mettere il lettore in una dimensione creativa, in una situazione di “parità” con l’autore. Compito del poeta, attraverso l’oggetto “haiku gestazionale” è proprio quello di farsi carico di questo suo ruolo, mirato a far sì che questo sommovimento accada nella mente del lettore, con bellezza, semplicità, essenzialità. Dunque: Gestazionale=Movimento, Fotogrammatico=Immobilità. Il “movimento” e l’ “immobilità” non si riferiscono a ciò che accade nell’haiku, ma a ciò che accade nella mente del lettore!
5) DEFINIZIONI SOCIO-POLITICHE DELL’HAIKU - un’attività umana - un gioco - una via verso la contemplazione - uno spazio di libertà della nostra mente - un loci collettivo - un terzo occhio - strumento e sfida per far assurgere le cose piccole e apparentemente insignificanti alla condizione di poesia e di bellezza - luogo di esplorazione e quindi di avventura - una pratica semplice di ritualità - uno strumento di condivisione
6) L'HAIKU NON E' - L’Haiku non è una definizione - Non è un insegnamento morale - Non è un pensiero filosofico - Non è una immagine astratta - Non è un gioco di parole - Non è un gioco di rime - Non è un aforisma - Non è una massima - Non è una sentenza - Non è un proverbio - Non è un pensiero - Non è un’idea - Scopo dell’Haiku non è quello di “stupire” con metafore bizzarre o ardite. che cosa rifiuta generalmente l’haiku
- il giudicare - la pomposità - l’orpello - il compiacimento - l’autoreferenza - l’interlocuzione - l’enjambement - la personificazione - l’assonanza - l’allitterazione - la consonanza - la rima - il titolo - la metafora - la similitudine
7) L'HAIKU E' - Un Haiku è tanto più bello quanto più è semplice e pulito. Intendendo per “pulito” anche il fatto di non avere particelle grammaticali al fondo dei singoli versi (articoli, preposizioni, congiunzioni…) - L’Haiku è concentrazione - L’Haiku è un vero e proprio poema racchiuso in 17 sillabe - L’Haiku è un poema lirico - L’Haiku è pura concretezza - L’Haiku è una poesia di “cose” di “fatti”. È nuda realtà, semplice realtà - L’Haiku non è un mezzo, ma il fine. Non fa parte del poema, è il poema - L’Haiku fotografa nella sua semplicità ed essenzialità un particolare realmente vissuto, visto, osservato, della nostra vita, della natura, di una esperienza … - il componimento Haiku deve avere inderogabilmente tre versi (metri) - il primo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe - il secondo verso deve essere composto inderogabilmente da 7 sillabe - il terzo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe
8) L’HAIKU SU UN SOLO VERSO se disponiamo il testo di un haiku su una sola riga spesso lo vediamo trasformarsi in una semplice frase che è prosa. Da qui possiamo dedurre che è la pausa, il silenzio, il vuoto che produce il verso a dare una connotazione di “poesia” alla sequenza di parole. Il fenomeno fisico dell’occhio che deve andare a capo produce nel cervello una pausa, una interruzione (anche se infinitesimale) del tempo. Disporre su una sola riga un haiku potrebbe essere una verifica estetica dell’haiku. Se abbiamo l’impressione che è una frase semplice e quasi normale forse è un buon haiku. Disposto su una riga l’haiku diventa un haiku “vocale”: è il lettore che deve trovare le pause giuste e il ritmo giusto per far emergere la “poesia” che vi si nasconde. Il tema del silenzio, dello spazio vuoto, della “pausa” tra un verso e l’altro lo si ritrova anche tra un haiku e l’altro.
prendiamo un haiku di Jim Kacian che come molti poeti americani ama disporre i suoi haiku in un solo verso:
inondazione l 'acqua filtra tra i sacchi pieni di sabbia
La domanda è: possiamo considerarlo un haiku, o è un’altra cosa? I lettori saranno già divisi in due fazioni: molti lo considereranno haiku, molti no. Ed ecco nate due fazioni pronte a disquisire, e alla fine a scontrarsi. E’ buffo: se prendiamo un haiku disposto su tre versi e lo disponiamo su una riga sola, ci viene il dubbio se è ancora un haiku. Se scriviamo un haiku su tre versi, ma su un supporto di ceramica, e la ceramica casca a terra e si rompe, i versi dell’haiku potrebbero disporsi casualmente in cento modi diversi, potrebbero finire in una riga sola! Anche se rotto e su una sola riga di ceramica, il nostro haiku lo consideriamo ancora un haiku! Gli haiku di Jim Kacian disposti su una sola riga sono solo trasgressivi espedienti tipografici, o ci dicono qualcosa di più? Se facciamo riferimento alla definizione di haiku “un componimento di tre versi…”, riscontrando che il componimento di Kacian è in sostanza un solo verso, per logica dovremmo dire che non è un haiku. Se non rientra nella definizione vuol dire che “l’oggetto poetico in questione” è un’altra cosa. Ma non ne siamo così sicuri. Che sia sbagliata a monte la definizione dell’haiku! E’ quello che riteniamo. Nella lingua italiana, ma anche in molte altre lingue, con il termine “verso” si è finito per intendere soltanto “riga”, riga tipografica. E’ questa sovrapposizione di significati, questa imprecisione del linguaggio e della definizione che crea sbandamento e incertezza. In verità non è corretto far coincidere il concetto di “verso” con il concetto di “riga”. Per “verso” dovremmo intendere un “metro”, una “unità metrica”, una “misura”, una “stringa di parole” che contiene un certo numero di sillabe. Cascina Macondo ridefinisce quindi l’haiku introducendo le varianti mirate alla precisione concettuale: L’haiku di Jim Kacian è formato da tre misure che graficamente sono disposte su una sola riga, è vero, ma poiché contiene tre misure, rispettivamente di 5-7-5 sillabe, ha il kigo, ed è lirico, è un haiku. Anche se noi preferiamo la disposizione su tre versi.
9) DEFINIZIONE DI HAIKU di Cascina Macondo “L’haiku è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo), o a una parte del giorno (Piccolo Kigo), o allo spazio (Kigo Misuralis), o al tempo (Kigo Temporis), strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”.
10) DEFINIZIONE DI HAIKU GESTAZIONALE “L’Haiku Gestazionale è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo), o a una parte del giorno (Piccolo Kigo), o allo spazio (Kigo Misuralis), o al tempo (Kigo Temporis), che in verità inizia quando il lettore ha finito di leggerlo, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”
11) DEFINIZIONE DI HAIKU FOTOGRAMMATICO “L’Haiku Fotogrammatico (da alcuni detto anche "descrittivo) è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo), o a una parte del giorno (Piccolo Kigo), o allo spazio (Kigo Misuralis), o al tempo (Kigo Temporis), teso a produrre nel lettore una pura contemplazione, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”
12) SENZA TITOLO - UN HAIKU DEVE ESSERE AUTONOMO nel senso che il significato deve capirsi dai tre versi. Praticamente dunque non ha bisogno di un titolo. Molti scrivono Haiku il cui significato ci perviene solo se ne leggiamo il titolo. È un’operazione che non condividiamo. Cascina Macondo afferma il principio che l’Haiku non deve avere titolo. Riteniamo che l’Haiku debba essere un poema compiuto, il cui significato, la cui bellezza, la cui comprensione deve trasparire solo dai tre versi che lo compongono. Solo per motivi puramente pratici, gestionali e di classificazione, i partecipanti alle edizioni del Concorso Internazionale Haiku di Cascina Macondo inviano i loro componimenti con un titolo che corrisponde però al primo verso dell’haiku stesso.
13) L'HAIKU DI LINGUA INGLESE una motivazione che gli autori di lingua inglese adducono a giustificazione dei loro haiku che non rispettano la struttura sillabica è quella della difficoltà della lingua. Molte parole inglesi sono monosillabi e l’impressione è quella che usando 5-7-5 sillabe spesso si dicono più cose del necessario e l’haiku perde in essenzialità e bellezza. Dovremmo chiamare questi componimenti sillabicamente non conformi semplicemente Sekai. Usando il verso libero e chiamando il componimento haiku viene a cadere la definizione dell’haiku e permane la confusione. Ci sarebbe una soluzione sensata: la via della statistica, della proporzione, della definizione secondo aree linguistiche. La quantità di informazioni che 17 sillabe in lingua italiana possono veicolare sembra mediamente corrispondere a 17 Onji giapponesi. La lingua italiana si presta particolarmente a comporre haiku con 5-7-5 sillabe. Il parallelo sillaba=onji è equilibrato e ragionevole. (Apro una parentesi rivolta a quei puristi e fondamentalisti culturali che ritengono insensato e impossibile che l’occidente possa misurarsi con l’haiku in quanto sostengono che esso proviene dall’oriente, che le culture sono diverse, che gli haiku giapponesi erano scritti con gli ideogrammi, che l’onji non è una sillaba etc. Ritenuto che la sillaba è l’unità fonica più plausibile che possa equipararsi a un onji giapponese, si parte e via nasce l’haiku occidentale, a pieno diritto, con la sua poetica e le sue regole, tutto qui). Torniamo alla soluzione statistica, proporzione, area linguistica. Occorrerebbe fare un censimento di tutte le parole italiane, individuare quante sono le parole monosillabiche, le parole bisillabe, quadrissilabe, e quante sono quelle di 5, 6, 7, 8, 9 sillabe. Individuarne le percentuali. Lo stesso lavoro occorrerebbe farlo con la lingua inglese, e con altre lingue. Facendo i debiti rapporti potrebbe venirne fuori che la struttura sillabica di 5-7-5 sillabe è supportabile da tutte le lingue di origine latina e da chissà quanti altri ceppi linguistici. Per alcune aree linguistiche invece potrebbe risultare, facendo un rapporto delle frequenze sillabiche con quelle italiane, che una corrispondenza alla struttura italiana di 5-7-5 sillabe potrebbe essere, per la lingua inglese ad esempio, una struttura di 4-6-4 o chessò io. In questo modo saremmo consapevoli delle aree linguistiche. L’haiku avrebbe una definizione che include questa problematica. Tutto sarebbe più chiaro, e si uscirebbe dalle polemiche e dalla confusione attuale. Uno dei vantaggi di tutto questo immane lavoro, della esatta definizione dei singoli fenomeni relativi all’haiku, alla sua forma, alla metrica, al kigo, sarebbe quello che l'haiku potrebbe essere considerato ovunque letteratura.
14) TRADUZIONI e TRASLAZIONI quel che si perde e quel che si guadagna tradurre un haiku da una lingua a un’altra è sempre cosa difficilissima. Le sfumature semantiche della lingua originale rischiano di essere perdute. E' vero, ma non bisogna in assoluto farsi coinvolgere dal principio che l’haiku tradotto perde in toto le sue raffinatezze. Possiamo più verosimilmente sostenere, basandoci sulla pratica e sulla statistica, che l'haiku tradotto a volte ci perde, altre volte ci guadagna. Relativamente alle traduzioni occorre chiedersi: è più importante tradurre un haiku in modo letterale restando il più fedele possibile a ciò che ha voluto dire l’autore, rischiando però di dare al lettore dell’altra lingua un haiku brutto e scadente, oppure è lecito “aggiustare quel tanto...", fare una “traslazione” dell’haiku in un’altra lingua dando al lettore comunque un bell’haiku, ma con il rischio di spostarsi, anche se di poco, dall'haiku originale? E’ indubbio che tra i lettori già due schieramenti di pro e contro si sono formati, pronti a inveire e a scontrarsi. Cascina Macondo è del parere che la fedeltà assoluta all’autore si basa su una concezione “divina” del poeta, motivata dal diritto d’autore, dalla proprietà letteraria, da interessi economici, di prestigio, di potere, una concezione egocentrica e individualista che coltiva il desiderio narcisista di essere al centro dell’universo. Concezione che non ci sentiamo di condividere. Preferiamo (ma ammettiamo che è molto difficile e delicato, e che non tutti riescono a farlo con coscienza e buon senso) che il traduttore scelga di realizzare una traslazione dell’haiku, restituendo ai lettori della nuova lingua comunque un bell’haiku, anche se ha dovuto fare delle leggerissime modifiche. D’altronde è ciò che riscontriamo continuamente quando confrontiamo le traduzioni di uno stesso haiku fatte da traduttori diversi: non ce ne sono due uguali! Proprio perché sappiamo a priori che con molte probabilità qualcosa si perde nella traduzione, e che ogni traduttore ci restituisce un haiku "diverso” dall’originale, riteniamo sensato seguire un principio che derivi almeno da una riflessione e da una scelta, a cui diamo una valenza politica e culturale. Emergono due ruoli distinti: quello del traduttore e quello del traslatore che potrebbero essere due persone diverse. Il traduttore si occupa di restituirci al meglio la fedeltà all’originale. Il traslatore cercherà di restituirci al meglio anche lui la fedeltà all’originale, ma con il tentativo di traslare quei contenuti nella forma di 5-7-5 che caratterizza l’haiku. Solo alla fine, quando l’onesto tentativo di riuscirci fallisce, accettiamo la deroga alla struttura sillabica, e quindi un haiku tradotto può non rispettare la struttura sillabica. In questo caso parleremo solo di traduzione e non di traslazione. Una motivazione che gli autori di lingua inglese adducono a giustificazione dei loro haiku che non rispettano la struttura sillabica, preferendo quindi il verso libero, è quella della difficoltà della lingua. Molte parole inglesi sono monosillabi e l’impressione è quella che usando 5-7-5 sillabe spesso si dicono più cose del necessario e l’haiku perde in essenzialità e bellezza. Dovremmo chiamare questi componimenti irregolari semplicemente Sekai. Se chiamiamo "haiku" un componimento con versi liberi viene a cadere la definizione dell’haiku, e permane la confusione. Ci sarebbe una soluzione sensata: la via della statistica, della proporzione, della definizione in aree linguistiche. La quantità di informazioni che 17 sillabe in lingua italiana possono veicolare sembra mediamente corrispondere a 17 Onji giapponesi. La lingua italiana si presta particolarmente a comporre haiku. Il parallelo sillaba=onji è equilibrato e ragionevole. (apro una parentesi rivolta a quei puristi e fondamentalisti culturali che ritengono insensato e impossibile che l’occidente possa misurarsi con l’haiku in quanto sostengono che proviene dall’oriente, che le culture sono diverse, che gli haiku giapponesi erano scritti con gli ideogrammi, che l’onji non è una sillaba etc. Ritenuto che la sillaba è l’unità fonica più plausibile che possa equipararsi a un onji giapponese, si parte e via nasce l’haiku occidentale, a pieno diritto, e con la sua poetica, tutto qui).
15) HAIKU VOCALE (dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane” edizioni Cascina Macondo). Tra gli haiku della 4° Edizione 2006 del nostro Concorso Internazionale entrati nella rosa dei classificati vi è il seguente di Rob Flipse (Olanda)
mare infinito pesce viene uccello sono chiamato
zee zonder einde vissen worden vogels – worden geroepen Rob Flipse
Alla prima lettura appare “spezzato”, non “scorrevole”. È senza punteggiatura. La Giuria non lo aveva votato. Ma è stato fonte di discussione e confronto. Alla fine è stato rivalutato; a seguito di una serie di riflessioni è stato inserito nella rosa dei 74 haiku selezionati. È come se l’autore ci chiedesse di leggere questo haiku con una attenzione particolare. Egli ci chiede di mettere noi le pause giuste per coglierne il ritmo e la cadenza. Ci chiede di “partecipare” alla comprensione dell’haiku. Ci chiede un coinvolgimento più profondo, di essere parte “attiva” della codificazione e quindi della comunicazione. Abbiamo chiamato questo tipo di Haiku: “Haiku Vocale” in quanto è la lettura misurata che ne fa scoprire la bellezza. L’occhio, leggendolo in modo tradizionale, segue dei “canoni estetici” tradizionali, acquisiti profondamente, consolidati. Questo tipo di haiku ci propone una trasgressione: rinunciare alla bellezza della scorrevolezza per scoprirne la bellezza nascosta (se riusciamo a individuare le pause giuste nella lettura). Consideriamo il segno di sbarretta “/” come una pausa. Due segni ”//” una pausa doppia. Tre segni “///” una pausa tre volte più lunga. L’haiku andrebbe letto così:
mare infinito // pesce / viene / uccello /// sono chiamato
Ci troviamo di fronte al mare azzurro infinito. Ma ecco un pesce affiorare (Wabi). Ma c’è una sorpresa maggiore: un uccello vola in picchiata verso il pesce. Potrebbe essere un gabbiano. Il fatto di usare il termine generico “uccello” e il termine generico ”pesce” è come se i due termini rappresentassero “gli esseri che vivono nell’aria” e “gli esseri che vivono nell’acqua”. Quindi il mondo infinito dell’aria e il mondo infinito del mare, colori uguali ma diversi, che fra un secondo si “toccheranno per un attimo” nel momento in cui l’uccello prenderà il pesce con il suo becco. Viene compiuta una sorta di operazione algebrica con le parole. È come se dicesse: viene il pesce, viene l’uccello. Si estrapola il verbo “viene” dandogli valore anfibologico mettendolo a metà tra i due sostantivi, come se fosse appunto comune a entrambi, con lo scopo di produrre un’eco nella mente del lettore, un riverbero, una ripetizione “pesce viene uccello”. Ma ecco che una voce umana chiama alle spalle. L’autore è distratto da quella voce probabilmente nel momento preciso in cui (parte cruciale della scena) l’uccello cattura il pesce. Quindi tre mondi in realtà in una frazione di secondo si incontrano: il mondo degli uomini, il mondo del mare, il mondo del cielo. Qui e ora. Ad una lettura normale (grammaticale) l’haiku di Rob Flipse suonerebbe così:
mare infinito / pesce viene uccello / sono chiamato ******** Un altro “haiku vocale” è quello di Fabia Binci (Italia) selezionato al Concorso Edizione 2005
Notte d’agosto: di stelle un ramo carico strega la gatta
Valgono le stesse considerazioni fatte per l’haiku di Rob Flipse: percezione a prima vista di un ritmo poco orecchiabile, sequenza veloce delle parole. Fabia ha usato i due punti alla fine del primo verso, dandoci una indicazione più precisa per la lettura. Ma se non li avesse usati sarebbe stato meglio, in quanto l’haiku avrebbe avuto una identità maggiore come “haku vocale” e il lettore sarebbe stato chiamato a giocare di più nella scoperta del ritmo e della cadenza. L’haiku andrebbe letto così:
Notte d’agosto: / di stelle / un ramo carico / strega la gatta
La parola “notte” e il sintagma “di stelle” acquistano valore anfibologico. È come se nella mente del lettore si producesse un’ eco, una sequenza di questo tipo: notte d’agosto, notte di stelle, un ramo carico di stelle (e quindi carico anche della notte) strega la gatta. “Strega” non solo come verbo nel senso di “essere stregati dalla bellezza di qualcosa”, ma anche come sostantivo, la gatta che sembra una strega. I ribaltamenti semantici contenuti in questo haku rimbalzano nella mente in continuazione: compito del lettore è coglierli, farsi pervadere da tutte le connotazioni semantiche veicolate dalle parole, tenendoli separati, e nello stesso tempo uniti in un unica globale percezione che procura piacere e bellezza.
16) HAIKU VETTORIALE chiamiamo "haiku vettoriale" quell'haiku che, per essere capito, necessita di una spiegazione, di una premessa, della conoscenza di un antefatto, in quanto legato a una circostanza troppo specifica, ad una esperienza particolare, ad un universo specializzato. Molti haiku che in lingua originale sono chiari per i lettori appartenenti a quell’area culturale, potrebbero risultare incomprensibili per lettori appartenenti ad un’altra cultura. Con la traduzione e la traslazione diventano haiku vettoriali. Solo in questo caso Cascina Macondo accetta l'haiku vettoriale, quando appunto proviene da un'altra area culturale. Scrivere con questo stile nella propria lingua diventa farraginoso e viene meno il principio che il componimento haiku è “un universo, un poema autonomo”. Deve quindi essere il più possibile compreso con la lettura dei suoi soli tre versi
17) HAIKU DEROGATIVO relativamente alla sillabificazione, l’ haiku derogativo può contenere in un verso 1-2 sillabe in più, o in meno, rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza, e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Proprio perché consideriamo valido un haiku che in realtà è una ECCEZIONE occorre che rimanga appunto una eccezione. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte. Il concetto di haiku derogativo ha valore nelle raccolte di haiku e si colloca in una "trasgressione moderna" alla tradizione. Con l'haiku derogativo si sostiene in sostanza il principio che "la perfezione non esiste". L'inserimento di tre haiku derogativi è infatti obbligatorio in una raccolta Tawani. L'haiku derogativo non può essere inviato al Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana che Cascina Macondo organizza ogni anno in quanto esplicitamente il Concorso richiede haiku formalmente corretti sillabicamente, di 5-7-5 sillabe appunto. L'haiku derogativo può essere:
IPODEROGATIVO (con sillabe in meno) IPERDEROGATIVO (con sillabe in più ) MISODEROGATIVO (in un verso ha sillabe in più e in un altro ha sillabe in meno)
17.1) HAIKU DEROGATIVO IPOMETRO è un haiku che può contenere un verso con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte.
torre in fondo 5 sillabe l’odore del cavallo 7 sillabe scacco matto 4 sillabe
Mariam Zouhir – scuola media Croce Morelli 3F – TO – ins. Loredana Garnero
per avere il 3° verso di 5 sillabe occorrerebbe scrivere “è scacco matto”, oppure “e scacco matto”, ma l’haiku perde la sua potenza e la sua immediatezza evocativa. E' un bellissimo haiku che potrebbe essere inserito in una raccolta Tawani o in una raccolta di 100 haiku. Non è valido per il Concorso Internazionale.
17.2) HAIKU DEROGATIVO BIPOMETRO è un haiku che può contenere due versi con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte.
17.3) HAIKU DEROGATIVO TRIPOMETRO è un haiku che può contenere tre versi con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte.
17.4) HAIKU DEROGATIVO IPERMETRO è un haiku che può contenere in un verso 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte.
Sembra addolorato 5 sillabe con la crasi e l'episinalefe il salice dalle foglie 8 sillabe piccole piccole 5 sillabe con parola sdrùcciola finale (iponasi)
Mattia Chiapino (10 anni)
E’ difficile correggere questo haiku di Mattia senza rovinarlo, senza perdere quella sfumatura di significati che porta la preposizione “dalle”. All'inizio sembra semplicemente che siano le foglie ad addolorare il salice, ma subito dopo si scopre che “dalle” ha significato anche di “attributo”, di “modo di essere” del salice (salice dalle piccole foglie). La giustapposizione dei due significati realiza un ribaltamento semantico delicatissimo ed efficace.
ecco un altro haiku derogativo ipermetro
sotto casa mia 6 sillabe ci sono gli alberi 7 sillabe (conteggio grammaticale) e le panchine 5 sillabe
Marina Bocu - scuola elementare di Rivalta - TO
ecco un altro haiku ipermetro di Vjsnia Mcmaster
se solo potessi 6 sillabe (verso ipermetro) bisbigliarti l’amore 7 sillabe di una farfalla 5 sillabe con crasi
la versione traslata
potessi solo 5 sillabe bisbigliarti l’amore 7 sillabe di una farfalla 5 sillabe
non rende come la versione ipermetra
17.5) HAIKU DEROGATIVO BIPERMETRO è un haiku che può contenere due versi con 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte. In una raccolta Tawani vi è l'obbligo per l'autore di inserire 3 haiku derogativi.
17.6) HAIKU DEROGATIVO TRIPERMETRO è un haiku che può contenere tre versi con 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte. In una raccolta Tawani vi è l'obbligo per l'autore di inserire 3 haiku derogativi.
17.7) HAIKU DEROGATIVO IPOIPERMETRO è un haiku irregolare rispetto alla sillabificazione che può avere un verso ipermetro e un altro verso ipometro, o due versi ipermetri e un verso ipometro, o due versi ipometri e un verso ipermetro contenenti 1-2 sillabe in meno, o in più, rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile ricorrere all’haiku derogativo se un autore, in una raccolta di 100 haiku, vi ricorre una, al massimo due volte. In una raccolta Tawani vi è l'obbligo per l'autoredi inserire 3 haiku derogativi.
17.8) GLI HAIKU DEROGATIVI SONO IN REALTÀ DEGLI HAISAN abbiamo denominato haiku derogativi quegli haiku che derogano alla sillabificazione canonica. In realtà è solo una questione di comodità per far comprendere il concetto. Ma avendo previsto un nome preciso per gli haiku che sono composti con quantità libera di sillabe, gli haiku derogativi, in realtà, non sono che degli Haisan.
18) HAIKU INTERSTIZIALE - il piacere della differenza pur nella similitudine Spesso alcuni haiku li riconosciamo come “molto simili” ad un altro haiku. Spesso ricalcano quelli di autori famosi, si avvicinano molto alla loro struttura, ne ricalcano l’immagine. Se consideriamo che in Giappone più di dieci milioni di persone scrivono ogni giorno un haiku è presto data l’idea di quanti possono essere i componimenti scritti sino ad oggi, e di quanti ancora se ne possono scrivere in futuro. Ricercare l’originalità assoluta è dunque impresa difficile.Ecco allora il piacere intellettuale, e poetico, di godere della diversità, della differenza, pur nella similitudine. Due haiku possono trattare lo stesso argomento, possono perfino avere la stessa struttura, possono essere molto simili, ma si differenziano per una particolare visione, per un sentimento diverso di cui sono pervasi, per una sfumatura originale che riescono a trasmetterci. Liquidare un haiku perché parla di grilli o di farfalle (e sono a migliaia gli haiku che trattano di grilli e di farfalle) è pura superficialità. Dimentichiamo che l’haiku classico impone il Kigo e che, trattando della natura, inevitabilmente parole come fiore, erba, grillo, farfalla, fiore di pesco, ciliegio, neve, e mille altre, saranno ripetute un milione di volte. L’haiku va “vissuto” nel suo complesso. E proprio perché molti termini sono comuni a migliaia di haiku la sfida per lo scrittore di haiku (e per il lettore), è quella di coglierne le “sfumature”. Un haiku come il seguente di Anna Tancredi di Torino
Note di vento si stendono sull'erba dalle campane.
E’ simile, nella struttura e nell’immagine, ad un haiku di Matsuo Basho:
E’ sera ormai. Tra i fiori si spengono rintocchi di campana.
L’haiku di Basho è semplice, concreto, immediato. Il verbo “spengono” è molto appropriato per i rintocchi di campane che vanno scemando. Nello stesso tempo è appropriato per la sera quando il sole si spegne al tramonto e, in contrapposizione, si accendono le luci, i lumi nelle case, le stelle, la luna. Lo “spegnersi” porta con sé l’dea di un piccolo movimento: il fumo si leva dalla candela quando con le dita ne abbiamo soffocato la fiammella. Il sole che tramonta si “spegne” lentamente dando l’idea di un piccolo movimento, di un passaggio nel tempo dalla luce al buio. Quel leggerissimo contenuto semantico di “lieve movimento” si riversa sui fiori. E quindi i fiori li vediamo leggermente muoversi come se un piccolo venticello passasse fra loro, quel piccolo venticello del suono delle campane. Il suono delle campane sembra un’onda leggera che scorre sui e tra i fiori. L’haiku della Tancredi che riprende l’immagine di Basho gioca sulle note di vento. E’ una metafora. Anche se è una bella metafora, l’autrice si è allontanata dalla semplicità e concretezza di Basho. Il verbo”stendono” dà un’idea di piccolo movimento, è vero, ma solo all’inizio: subito dopo si ha l’idea di staticità. In questo haiku è il vento che muove leggermente le campane e il suono che esse producono viene portato via dal vento che si riversa, con quelle note di vento, sull’erba dei campi. Pur essendo l’haiku di Basho più bello per la maggiore semplicità usata, non possiamo non riconoscere nell’haiku della Tancredi le sfumature interessanti che lo differenziano. Sono due haiku molto simili, ma diversi. Notare queste differenze fa parte del piacere del lettore di haiku. Ed è un piacere anche dello Haijin. Ricercare l’originalità ad ogni costo non fa parte del bagaglio culturale e mentale di un buon scrittore di haiku. Quando si sarà trovato un argomento nuovo, o meglio un’immagine inedita, un punto di vista particolare trattato con i canoni propri della poetica haiku, non potremo che esserne fieri. Occasione, lo confessiamo, molto rara. E’ questo ciò che forse Basho intendeva quando diceva che se uno scrive in tutta la sua vita dieci buoni haiku può essere considerato un maestro di haiku.
19) HAIKU YOTI sono i diversi modi non convenzionali di occupare con un haiku lo spazio fisico della pagina del libro su cui sono stampati. Un haiku può essere scirtto su una sola riga, può essere scritto in verticale con i versi affiancati, può essere disposto in cerchio, a freccia, sparso, etc. Sono espedienti tipografici che esplorano le possibilità estetiche del componimento rispetto allo spazio. Delle tante possibilità di disporre un haiku sulla pagina consideriamo:
19.1) haiku gyoo (disposto su una sola riga orizzontale, molto usato dagli haijin americani)
orologio in piazza a mezzanotte rintocchi alle mie spalle (Pietro Tartamella)
19.2) haiku nobasu (messo in verticale su tre righe affiancate)
o a a r l o m l l e e o z g z m i a i o n e o i t s n t p e a p l i r l a i e z n z t a o c c h i
19.3) haiku itotu (i tre versi messi in verticale su una sola riga)
o r o l o g i o
i n
p i a z z a
a
m e z z a n o t t t e
r i n t o c c h i
a l l e
m i e
s p a l l e
19.4) haiku takay quando i primi due versi dell’haiku sono disposti sulla stessa riga, ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.
orologio in piazza a mezzanottte rintocchi alle mie spalle
19.5) haiku hikui quando gli ultimi due versi dell’haiku sono disposti sulla stessa riga, ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.
orologio in piazza a mezzanottte rintocchi alle mie spalle
19.6) haiku warusiti (7 spezzato) quando viene disposto su 4 righe tipografiche spezzando il verso di 7 sillabe, ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.
orologio in piazza a mezzanottte rintocchi alle mie spalle
19.7) haiku warugo (5 spezzato) quando l’haiku viene disposto su 4 righe tipografiche spezzando il verso di 5 sillabe (il primo o l’ultimo), ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.
orologio in piazza a mezzanotte rintocchi alle mie spalle
oppure
orologio in piazza a mezzanotte rintocchi alle mie spalle
19.8) haiku warusan (3 spezzato) quando l’haiku viene disposto su 6 righe tipografiche spezzando ogni verso, ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.
orologio in piazza a mezzanotte rintocchi alle mie spalle
20) STAMPA A TRÌPOGE DELL’HAIKU La lettura di un haikù (anche quella silenziosa) lascia sèmpre nella nòstra mente una sòrta di “èco” . Leggèndo l’haikù successivo la sùa èco va a sovrapporsi a quella del primo haikù. È qualcòsa che accade automaticamente, indipendènteménte dalla nòstra volontà; una spècie di fenòmeno psico-acùstico che ci procura sùbito una sensazione di “affollamento”. Accade ogni vòlta che gli haikù sono organizzati in una raccòlta. Scrìvere un haikù in ogni pàgina è l’espediènte formale per ovviare a questo fenòmeno, un tentativo di avvòlgere l’haikù in una bolla di vuòto e di silènzio entro cui pòssa mèglio risuonare. Ma questo sistema si trascina dietro un inconveniente psicologico, specie nella cultura occidentale, pragrammatica e lontana dalla spiritualità: la sensazione che troppo spazio bianco intorno all’haiku è uno “spreco” di carta! L’haiku viene percepito allora da molti occidentali come “pretenzioso” (è uno dei tanti motivi che ostacolano la percezione dell’haiku come letteratura). Un altro espediente formale è quello di scrivere su ogni pagina un verso dell’haiku, così da aumentare fisicamente il tempo, e quindi il vuoto, prima di leggere il verso successivo. Ma in questo caso la sensazione di “spreco di carta” sarebbe ancora maggiore. Una via di mezzo, compromesso discreto e funzionale, è quella di stampare su una pagina tre versi di 5 sillabe con caratteri diversi, che sono ciascuno l’inizio un haiku diverso. Nella seconda pagina seguiranno tre versi di 7 sillabe che riprendono i casratteri tipografici dei precedenti che sono i secondi versi dei tre haiku diversi. Nella terza pagina 3 versi di 5 sillabe, rispettivamente gli ultimi versi dei tre haiku. In questo modo l’haiku verrà letto in senso “orizzontale” pagina dopo pagina. Leggendo il testo in senso verticale ci troviamo di fronte a un Sekaisan che è casuale e può, come non potrebbe avere, nessun senso. Se scaturisce un senso saremo in grado di apprezzare il “caso” capace di generare nuovi contenuti non previsti. Ecco un esempio di tre haiku di Pietro Tartamella con stampa a trìpoge. Naturalmente un’intera raccolta haiku può essere stampata a trìpoge.
prima pagina seconda pagina terza pagina
fa freddo ormài e ancora cammino con scarpe estive
fratèllo vènto i fiori che pòrti vìa dalle làpidi
guance di ròsa la venditrice d’ambra guarda la piòggia
21) KIGO Quando oggi si sostiene che nell’haiku il valore del Kigo è quello di educare al rispetto della natura, diciamo una bugia. Asserviamo ad una necessità nostra di oggi, ad un fenomeno tipicamente moderno, ad una ideologia, un qualcosa che non apparteneva all’haiku originale. Nel 1600, ai tempi di Basho, e nel Giappone, non esisteva il problema dell’inquinamento. Di conseguenza il Kigo non poteva avere la finalità di educare al rispetto della natura. Il concetto importante nell’haiku è il “qui” e “ora”. Lo spazio e il tempo. Solo se di queste due dimensioni abbiamo percezione profonda possiamo provare l’esperienza della “consapevolezza”. Nell’haiku classico, e nelle intenzioni dei grandi maestri, ci sembra di capire che la funzione del Kigo fosse quella non del rispetto della natura, ma di immergere il poeta in una dimensione consapevole del tempo “ora”, e dello spazio “qui” in cui quel tempo si manifesta. Le regole classiche della poesia Haiku impongono che all’interno delle 17 sillabe vi sia inserita una “informazione” che faccia riferimento a una stagione. Può essere un frutto, una festa, una ricorrenza, un qualcosa che ricordi, evochi, si riferisca a una stagione (castagna, grano, papavero, farfalla, lucciola, neve, carnevale, melograno in fiore, foglie cadute…). La scelta di Cascina Macondo è che è necessario introdurre il Kigo, o il Piccolo Kigo, o il Kigo Misuralis, o il Kigo Temporis. In mancanza della stagione o del Piccolo Kigo, l’Haiku si chiamerà Senryu, così come si chiamerà Haikai se è un Haiku comico o demenziale. Condividiamo però il pensiero di Basho, (dilatandone l’applicazione) quando dice che un Haiku “coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e ora”. Gli elementi importanti sono dunque per noi il “qui” e “ora”. Dunque un “luogo” e un “tempo”. Devono essere contenute entrambe queste informazioni. Sono infatti queste due informazioni, precise e circostanziate, di luogo e di tempo, che vestono l’Haiku di concretezza. Probabilmente anche il Kigo aveva in origine questa finalità, ma la sua rigida applicazione, riferita solo alle stagioni, rischia di incatenare l’Haiku.
22) PICCOLO KIGO abbiamo visto che “Kigo” vuol dire “stagione”. Nell’Haiku classico il Kigo è obbligatorio. Abbiamo anche visto che la regola del Kigo mira a ricordare al poeta che il suo componimento deve riferirsi ad una realtà concreta, al qui e ora. Il Kigo è circolare. Le stagioni infatti si susseguono ricominciando sempre da capo all’infinito. Esse contengono l’idea del sabi, del wabi, dell’aware, dello yugen. Le stagioni contengono una idea lirica. ascina Macondo chiama semplicemente PICCOLO KIGO un qualcosa che si riferisce al “giorno”. Intravediamo infatti una plausibile somiglianza tra lo scorrere dei giorni e lo scorrere delle stagioni. Anche i giorni, nelle loro singole parti, si susseguono e ricominciano sempre da capo, all’infinito, con moto circolare, come le stagioni appunto. Ma la loro durata è più effimera (aurora, alba, mattino, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, imbrunire, sera, notte, aurora, alba…). Nell’insegnamento di Basho “l’Haiku coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e ora” ci è sembrato di capire che ciò che è veramente importante è appunto il qui e ora. Il PICCOLO KIGO è un concetto che riteniamo ammissibile e non stravolge gli insegnamenti di Basho. Un Haiku per noi è dunque valido a tutti gli effetti anche se non contiene il Kigo. Ma deve contenere il piccolo kigo, (riferimento temporale a una parte del giorno) e contemporaneamente un riferimento a un luogo concreto. Un Haiku come il seguente di Gabriele Saccavino:
Notte infame: nel frigo solo l’eco d’un uovo sodo. Secondo il criterio classico non è considerato un Haiku, in quanto non contiene la stagione. Secondo le nostre riflessioni, e la nostra scelta, è un perfetto Haiku. Contiene il qui (frigo=luogo concreto) e contiene l’ora (il piccolo kigo, riferimento ad un’ora, ad una parte del giorno = la notte) 23) KIGO MISURALIS dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane” edizioni Cascina Macondo
tra le parole ampi spazi la lettera d’un prigioniero
a prisoner's letter the wide spaces between words
Jim Kacian
L’haiku di Jim Kacian, inviato alla 4° edizione (anno 2006) del Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana edito da Cascina Macondo, ha stimolato una importante riflessione. In questo haiku non compare infatti il Kigo, e nemmeno il Piccolo Kigo. Quindi sarebbe non un Haiku, ma un Senryu. Eppure l’impressone di grande bellezza e semplicità e profondità che esso suscita, e il grande Sabi di cui è permeato, ce lo fa intuire come un bellissimo Haiku, anche se non ha un riferimento alla stagione. Da dove deriva questa sensazione che tutti i componenti della giuria hanno provato? Ci sembra di poterla rintracciare in una affermazione dello stesso Matsuo Basho, quando dice: “Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono”. Lo stesso Basho più volte ha ribadito il concetto che l’haiku si riferisce al “qui” e “ora”. Allo “spazio” e al “tempo presente”. Ma forse il concetto di spazio e tempo vanno intesi in maniera più complessa, come in effetti sono queste due entità. Forse siamo di fronte ad un haiku quando abbiamo una percezione di spazio soltanto (distanza, lontananza, vicinanza, percorso, cammino, salita, discesa...). E siamo forse di fronte ad un haiku quando abbiamo una percezione soltanto di “tempo” (che scorre, che si ferma, che si accorcia, che si allunga, che è parte del giorno, che è stagione, che è era geologica, anno, mese, giorno, minuto, attimo...). Tra le parole, nella lettera del prigioniero, ci sono ampi spazi. Una scrittura incerta, da quinta elementare forse, comunque infantile. E mentre il prigioniero rilegge la sua lettera, anche se gli spazi sono fermi fisicamente sulla carta, sembrano in realtà muoversi, “scorrere” mentre l’occhio prosegue nella lettura. Sono questi ribaltamenti di percezione che rendono bello e profondo questo haiku. Ci viene in mente un altro haiku inviato al concorso nell’edizione 2004 dal napoletano Pasquale Corsaro:
due panchine nel viale alberato separazione
Pasquale Corsaro Anche qui c’è un gran silenzio (Sabi), il mistero (Yugen) e Aware (nostalgia). Ma non c’è riferimento a una stagione. Non c’è nemmeno il Piccolo Kigo. Ma c’è una idea di “spazio”. Le due panchine sono separate da una distanza, anche minima, forse affiancate, forse una di fronte all’altra nel viale alberato. Lui e Lei seduti in silenzio su quelle panchine, forse dopo l’ultima lite, l’ultima incomprensione. Separazione. La percezione è che siamo di fronte a un bell’haiku e non a un senryu. Come nel componimento di Jim Kacian. Prendiamo quest’altro haiku inviato al Concorso edizione 2006 dagli alunni della classe 5 A della scuola elementare di Vagli di Sotto di Camporgiano in provincia di Lucca.
Giù sotto l’acqua il mio paese ristagna nel suo silenzio.
Non c’è il Kigo, non c’è il Piccolo Kigo. Un Senryu dunque? No, un bellissimo Haiku. C’è una idea di “spazio”, “profondità”. Sotto l’acqua, laggiù, il paese immobile, sommerso, fermo in quel luogo. Silenzio, nostalgia, affetto. È labile il confine tra Haiku e Senryu. Forse occorrerebbe considerare come Haiku anche quei componimenti che contengono un concetto di “spazio”, “distanza”, “vicinanza”, “percorso”, “cammino”. Un Kigo speciale che abbiamo chiamato “Kigo Misuralis”.
24) KIGO TEMPORIS dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane” edizioni Cascina Macondo Prendiamo questo bellissimo haiku inviato al concorso edizione 2006 scritto da Emma Bonaguri una bambina della classe 3 B della scuola elementare “De Amicis” di Forlì:
Righe di anni scultura naturale, albero nonno
Non c’è un riferimento alla stagione, non c’è il Picolo Kigo. Dovremmo classificarlo come un Senryu. Ma c’è un riferimento al tempo che è trascorso (i cerchi nel tronco dell’albero sezionato). C’è il Sabi (silenzio), lo Yugen (mistero), c’è Hosomi (la delicatezza, l’affettuosità). Un bell’haiku. Sì, dobbiamo riflettere sulle parole di Matsuo Basho, capirle, farle nostre: "non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono".
25) KIGO KIMOTI (kimoti = stato d’animo, sentimento) Inserendo in un haiku per intero il nome di una stagione, o di una “cosa” che appartiene a quella stagione (una festa, un frutto, un fenomeno atmosferico), non abbiamo dubbi sulla presenza del Kigo in quell’haiku. Se non c’è il kigo classico, dobbiamo ricercare la presenza di un Piccolo Kigo, o di un Kigo Temporis, o di un Kigo Misuralis, per definire quel componimento un haiku. In mancanza, o nell’incertezza della presenza di questi “kigo”, ecco che, come il passaggio di un testimone, il compito di classificare il componimento come haiku passa al Kigo Kimoti. Si tratta di individuare quale degli otto stati d’animo principali è presente nel componimento (Sabi, Wabi, Aware, Yugen, Hosomi, Karumi, Sabishisa, Shiori che pure, almeno uno di essi, per tradizione giapponese è obbligatorio inserire nell’haiku). Il Kigo Kimoti è giustificato dal parallelo che si può fare tra “stato d’animo” e “”stagione”:
WABI (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione) = PRIMAVERA AWARE (nostalgia, transitorietà, rimpianto, caducità delle cose) = AUTUNNO SABI (silenzio, grande quiete, solitudine, distacco) = INVERNO YUGEN (il mistero, l’inafferrabile, magia e complessità della vita) = ESTATE
HOSOMI (delicatezza, affettuosità) = PICCOLO KIGO (giorno) KARUMI (leggerezza, innocenza, piccolo sorriso e piccola ironia) = PICCOLO KIGO (giorno) SABISHISA (tristezza, malinconia, depressione) = PICCOLO KIGO (notte) SHIORI (ombra, morte, immobilità) = PICCOLO KIGO (notte) 26) KIGO ZIDAI (zidai = periodo di tempo) Inserendo in un haiku per intero il nome di una stagione, o di una “cosa” che appartiene a quella stagione (una festa, un frutto, un fenomeno atmosferico), non abbiamo dubbi sulla presenza del Kigo in quell’haiku. Se non c’è il kigo classico, dobbiamo ricercare la presenza di un Piccolo Kigo, o di un Kigo Temporis, o di un Kigo Misuralis, o di un Kigo Kimoti, per definire quel componimento un haiku. In mancanza, o nell’incertezza della presenza di questi “kigo”, ecco che, come il passaggio di un testimone, il compito di classificare il componimento come haiku passa al Kigo Zidai. Si tratta di individuare quale “stagione della vita” (infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia) è presente nel componimento. Il Kigo Zidai è giustificato dal parallelo che si può fare tra la “stagione del calendario” e la “stagione della vita dell’uomo”:
infanzia = primavera adolescenza = estate maturità = autunno vecchiaia = inverno
Su questo principio, sul parallelo tra “stagione del calendario” e “stagione della vita dell’uomo”, è stata impostata l’architettura del libro “Quisquiglie di perla – Aforismi, Pensieri, Riflessigli, 17 Haiku e un Corbello” – autore Pietro Tartamella - edizioni Angolo Manzoni (dicembre 2010)
27) SHINNEN = capodanno (considerato come “stagione a sé”, periodo dell’anno che cadeva all’inizio di febbraio)
28) MUKIGO I giapponesi hanno la parola Mukigo che vuol dire“senza stagione” (mu = senza, nulla - kigo = stagione), per definire un componimento di tre versi con 5-7-5 sillabe che non contiene la stagione. Il Senryu sarebbe un Mukigo, ma in quanto "senryu" significa che tratta specificatamente degli "uomini".
29) PRINCIPALI STATI D’ANIMO PRESENTI NELL’HAIKU - FURYU (LETTERALMENTE: IL VENTO CHE SCORRE - LO SPIRITO POETICO) la lettura, o meglio, la comprensione di un Haiku consente lo svelamento di uno stato d’animo. L’Haiku stesso ne è permeato. Lo stato d’animo si trasmette al lettore che si ritrova immerso in esso come in un liquido amniotico. Molti sono gli stati d’animo che possono trovarsi nell’Haiku. Possono essere presenti contemporaneamente, o singolarmente. Le sfumature sono molteplici, il confine fra uno e l’altro spesso impercettibile.
29.1) SABI - IL SILENZIO è il sentimento di grande solitudine, di grande quiete, pace, illimitata calma; il sentimento del distacco, del non possesso. Ma non c’è tristezza in esso, solo contemplazione, solitudine, così grande e avvolgente da avere la sensazione che la cosa contemplata e il contemplatore siano la stessa cosa. Il ladro ha lasciato la luna alla finestra
Ryôkan
29.2) WABI – L’INATTESO, IL RISVEGLIO DELL’ATTENZIONE è quello stato d’animo prodotto da un qualcosa che si profila alla nostra coscienza all’improvviso. È l’elemento che ci sveglia dalla tristezza, dal grigiore, dai momenti in cui sembra che la vita non abbia nessun senso. Ecco, nel momento in cui questa depressione ci invade, nel momento in cui questa grande malinconia ci assale, nel momento in cui nulla ha significato e tutto appare banale e triste e assurdamente lontano… ecco profilarsi un qualcosa di inaspettato che si fa “guardare” con spiccata intensità. Desta la nostra attenzione. E noi lo “riconosciamo” nella sua interezza e universalità. Quel piccolo evento allora si fa grande e luminoso improvvisamente ai nostri occhi. Ci riporta alla vita.
Sotto i miei passi solo il fruscìo si sente di foglie secche Hisajo
29.3) AWARE – LA NOSTALGIA, LA TRANSITORIETÀ un Haiku può essere permeato dal sentimento aware. Il sentimento della nostalgia, del rimpianto, del tempo che passa, della caducità delle cose, dell’inutile affannarsi degli uomini, del dileguarsi del mondo, dello svanire. Ma non c’è sofferenza; non è il sentimento della perdita irreparabile. C’è invece la comprensione di questa caducità, la consapevolezza matura di appartenere ad essa semplicemente. L’universo risiede nel dettaglio, nel particolare, nell’evento minuto. Percepire la cosa minuta, apparentemente insignificante, come contenitore dell’universo stesso. Un’unica cosa. La voce del fagiano. Quanta nostalgia per mio padre e mia madre.
Basho Se ne va la primavera, tremando, nell’erbe dei campi
Issa 29.4) YUGEN – IL MISTERO, L’INAFFERRABILE è il sentimento del mistero, della bellezza indecifrabile che avvolge le cose, anche le più piccole, è l’energia del mondo che palpita ovunque, è la meraviglia, lo stupore, lo splendore delle cose, è la sensazione dell’universale, della magia e complessità della vita. È un po’ come il “Grande Spirito”, il “Wakan-Tanka” (Grande Mistero) degli Indiani d’America, presente in ogni cosa.
Fra le erbe un fiore bianco sboccia. Ignoto il suo nome.
Shiki
29.5) HOSOMI – LA DELICATEZZA è il sentimento della delicatezza, della visione fine, sottile, delicata, acuta, affettuosa, sentimentale accostàti al bar si baciano manici curvi di ombrelli
Pietro Tartamella 29.6) KARUMI – LA LEGGEREZZA, L’INNOCENZA è il sentimento della leggerezza e dell’innocenza, è il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica.
bimbe sedute sullo scìvolo vanno coricandosi
Pietro Tartamella
29.7) SABISHISA - LA TRISTEZZA è lo stato d’animo della tristezza, della malinconia, della nostalgia, della depressione
mi abbandono stanco di tuoni e nuvole mi abbandono
Pietro Tartamella
29.8) SHIORI – L’OMBRA è il sentimento delle cose ombrose, della morte, del freddo, dell’immobilità, del rorido, dell’umido che trasuda umori.
l’amico interrano fra i cipressi l’ombra di una fontana
Pietro Tartamella
29.9) HANAYAKA -ALLEGRIA, MAGNIFICENZA è il sentimento dell'allegria, del sontuoso, del magnifico, quasi del frastuono; è una bellezza felice, brillante e appariscente, al massimo della sua fioritura Un pesco che sparge i suoi fiori. La danza del Kabuki. Kikaku 29.10) OGOSOKA è il sentimento del maestoso, del severo, dell'immane, del grandioso Sizukasa ya Iwa ni shimiru Semi no koe. Tranquillità il verso d’una cicala penetra nella roccia
Matsuo Basho
Fukitobasu Ishi wa asama no Nowaki kama
Pietre spazzate dal vento tempesta d’autunno sul monte Asama
Matsuo Basho Prendiamo in esame due composizioni del grande Matsuo, evidenziandone le differenti basi di intendimento. Lo stile è simile, ma il risultato finale è assolutamente contrastante, addirittura stridente. Nel primo haiku troviamo infatti tutta la leggerezza dell’hosomi, ossia del sottile, del fine, arma con cui il poeta si immerge nel profondo mistero delle cose. Quando il verso della cicala arriva a penetrare nelle crepe delle rocce, a risaltare è la finezza del suo udito. Nel secondo componimento è rappresentato in maniera magistrale l’ogosoka, cioè il maestoso, il severo, l’immane. Uno dei padri del 5-7-5 giapponese ha veramente indicato la via al resto del mondo. L’attitudine alla meditazione, propria dell’Oriente, ha trovato in Matsuo un interprete stupefacente. Proponiamo altri due suoi esempi significativi, anch’essi capaci di rappresentare in modo mirabile il concetto di furyu (letteralmente: il vento che scorre - lo spirito poetico).
Toridomo mo neirite iru ka. Yogo no umi.
Persino gli uccelli sembrano dormire. Il lago di Yogo
Matsuo Basho Misoka tsuki nashi. chitose no sugi o daku arashi.
La fine del mese, la Luna nuova. Un cedro millenario abbracciato dalla bufera Matsuo Basho
Nel primo haiku la leggerezza dello hosomi pervade l’intero panorama. Ricorda da presso “Il lago giaceva liscio e piano e sarebbe parso immobile…” di manzoniana memoria. E’ il sabi, che si spande sulla superficie del lago, a colpire l’attenzione, tutto è fermo, anche il tempo. Non c’è il vuoto, la mancanza, o comunque un quid di negativo, ma ogni cosa è al suo posto e si fa apprezzare da chi ha la sensibilità per afferrarla. Nel secondo haiku c’è il gusto dell’ogosoka, elevato a livello di filosofia totale di vita. Pare un dipinto, con i suoi elementi naturali e statici, se non arrivasse la bufera a stravolgere e circondare la chioma dell’alto cedro. Siamo nella lirica più alta. (Fabrizio Virgili).
29.11) OKASHIIè il sentimento relativo alle cose buffe, ridicole, strane La faccia di una rana. Che pensi all’Astronomia? Kobayashi Issa In questo Haiku il mondo della rana viene trasferito in una dimensione umana. Un soggetto piccolo viene scambiato con uno grande, e viceversa. Così l’ogosoka si ribalta in okashii. In parole povere, l’ogosoka che si avrebbe dal rapporto tra la rana (un soggetto piccolo) e il cielo (un oggetto grande), viene trasformato in okashii mediante il confronto tra un uomo soggetto e una rana oggetto. Il primo è ovviamente il maggiore dei due termini. E’ sempre affascinante il penetrare lo spirito degli Haiku, indipendentemente dal loro valore letterario. Piccola rana Non ti arrendere Issa è qui per te. Kobayashi Issa Qui si passa da un piano intellettuale ad un piano morale: un piccolo oggetto viene reso grande, laddove un soggetto grande si fa partecipe di una dimensione più umile. Così dal ridicolo dell’okashii si passa alla serietà dell’ogosoka. Il primo è dato dal confronto tra la piccola rana oggetto e la grandezza dell’uomo che la osserva. Ma subito dopo l’immagine si converte nella serietà dell’ogosoka. E’ grazie a questo carattere di ribaltamento che il furyu (letteralmente: il vento che scorre - lo spirito poetico) è in grado di riconoscere la commedia e la tragedia umana. Per riassumere: partendo dai rapporti di negazione reciproca delle tre coppie di antagonisti, nella prima si può cogliere un carattere graduale, nella seconda un carattere statico, nella terza un carattere di ribaltamento. (Fabrizio Virgili) 29.12) FUTOI è il sentimento relativo alle cose grandi, larghe, grasse, maestose
30) PREGNANZA SEMANTICA la “pregnanza semantica” o “riversamento poemico” di un Haiku è la quantità di informazioni che le 17 sillabe proprie dell’haiku riescono a contenere e a veicolare. Più alta è la pregnanza semantica, più è ricco, forte, potente, espressivo l’haiku. Ma attenzione: non bisogna allontanarsi dall’altro principio estetico che governa l’haiku, e che ha maggiore rilevanza del riversamento poemico: la semplicità! Dovendo scegliere tra un’altissima pregnanza semantica, ma artificiosa e arzigogolata, e una più bassa pregnanza semantica espressa con semplicità e concretezza, è preferibile scegliere quest’ultima. Quando il poeta Basho diceva che l’Haiku è un vero poema espresso in 17 sillabe, riteniamo che si riferisse appunto alla grande mole di contenuti e informazioni che si riversano nella mente del lettore nel momento in cui “comprende” l’haiku. In sostanza la pregnanza semantica è tutto ciò che un haiku, contemplato da più punti di vista, riesce a “dire” e, paradossalmente, anche ciò che l’autore non aveva pensato di voler dire. Prendiamo il seguente haiku di Elisa Spiga, 9 anni, bimba di terza elementare della scuola Parini di Torino, segnalata alla 3° Edizione del Concorso Internazionale Haiku di Cascina Macondo:
Le coccinelle nel prato affollato nere e rosse La prima, immediata impressione è quella di un bel quadro primaverile, un haiku fotogrammatico di estrema semplicità e naturalezza. Viene fotografata la bellezza delle coccinelle in quell’attimo preciso in cui l’occhio della bimba le coglie, in mezzo all’erba, con le loro macchioline nere e rosse sul dorso. Ma il prato è affollato. Intorno alle coccinelle c’è gente; probabilmente anche bambini. “Affollato” dice qualcosa di più: che la gente è tanta. Forse un pic-nic con tovaglie e cestini sull’erba il giorno di Pasquetta. Forse tanti bimbi che corrono all’impazzata giocando a pallone, o a saltare la corda, o a rincorrersi. O forse un semplice pomeriggio domenicale ai giardini o al parco dietro casa con tanta gente che passeggia. La bimba che osserva viene attratta da quei piccoli esseri con macchioline nere e rosse, dimenticando per un attimo tutto ciò che la circonda. Ma l’haiku ci racconta molto altro ancora. L’aggettivo “affollato”, in relazione alle coccinelle, diventa sinonimo di “pericolo”: tanta gente intorno che cammina, o corre, o salta, o gioca, potrebbe… mettere un piede sopra quelle belle creature. Ed ecco che il colore delle macchioline nere e rosse sul dorso della coccinella si rivestono immediatamente di altri significati. Se il piede inconsapevole di un bimbo pestasse la coccinella, per l’animaletto sarebbe la fine, la morte. Il colore nero delle macchioline sul dorso acquista allora anche il significato di “morte”, “lutto”. E il rosso delle macchioline diventa anche il rosso del sangue di una coccinella schiacciata. Se alla prima lettura l’haiku era permeato dal sentimento Wabi (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione) ora si pèrmea anche di Aware (la nostalgia, la transitorietà) e di Yugen (il mistero, l’inafferrabile, la bellezza indecifrabile che avvolge le cose). Affollato potrebbe riferirsi non alla gente, ma in generale a tutta la “vita” che pullula nell’erba, quindi: coccinelle, formichine, fili d’erba, ragnetti, granelli di sabbia, fiori, petali, trifogli, api, mosche, zanzare. Questa interpretazione, più quella precedente, più altre non ancora sviscerate, costituiscono, nel loro insieme, la “pregnanza semantica”. Forse Elisa non pensava a questi contenuti quando scrisse il suo haiku, ma l’haiku obiettivamente li contiene.
31) RIBALTAMENTO SEMANTICO (KIRE = ribaltamento semantico, salto dell’immaginazione) Dobbiamo immaginare che un haiku sia scritto su tre pagine: un verso in ogni pagina. Vuol dire che leggendo il primo verso non sappiamo ancora quali parole troveremo nel secondo verso. La pausa dura quanto dura il tempo di voltare la pagina. Quindi le parole del primo verso, seguite dalla pausa, restano “sospese” nella nostra mente. E’ questo il ritmo che occorre dare all’haiku per fare in modo che avvenga la sua piccola esplosione di luce nella mente del lettore. Se dico soltanto la parola “ribaltamento” nella nostra mente si abbozza l’azione del ribaltare, del capovolgere, ma rimane appunto come “sospesa” nell’aria questa azione, pronta a prendere direzioni diverse. Se dico “ribaltamento… di una sedia, ecco che l’azione sospesa del capovolgere si concretizza con la sedia che si ribalta. Se dico: ribaltamento… di un’auto, ecco che vediamo l’auto ribaltarsi. Se dico “ribaltamento….. semantico, ecco che ci aspettiamo un significato che si capovolge… E’ come una partita di pari o dispari. Due giocatori uno di fronte all’altro. Se esce pari vince il giocatore A, se esce dispari vince il giocatore B. Il pugno chiuso di entrambi è come se fosse il primo verso dell’haiku. Non sappiamo quale direzione prenderà (non sappiamo quante dita aperte mostrerà il gicatore). Ecco che il giocatore A e il giocatore B mostrano le loro dita. L’apertura delle mani con la quantità delle dita aperte corrispoinde al secondo verso dell’haiku. Ma ora occorre fare la somma delle dita per determinare se il risultato è pari o dispari, e quindi per determinare il vincitore. La mente dovrà fare velocemente diverse operazioni: la somma delle dita, prendere atto della loro natura di “pari” o di “dispari”, abbinare il numero pari al giocatore A, il numero dispari al giocatore B, ma prima dovrà velocemente ricordare quale dei due giocatori ha scelto il “pari” e quale il “dispari”. Tutto questo lavoro mentale, questo movimento di pensieri, è ciò che possiamo definire “ribaltamento semantico”. Resta naturalmente inteso che l’Haiku deve contenere un “ribaltamento semantico”. Il primo verso introduce una situazione, i due versi successivi contengono il ribaltamento semantico; oppure i primi due versi annunciano una situazione e l’ultimo verso contiene il ribaltamento semantico. Terza possibilità è che il ribaltamento sia a catena, ovvero che si manifesti in crescendo lungo i tre versi, risultando ciascuno di essi un ribaltamento dell’altro. Molte sono le “strutture” del ribaltamento semantico. Alcune spesso coesistono e agiscono in contemporanea nello stesso haiku per produrre quel rimbalzo di pensieri e di vuoto mentale che è caratteristica psico-linguistica davvero importante che si può realizzare con soli tre versi, scoperta e intuizione di Matsuo Basho. Ne ricordiamo alcune:
31.1) RIBALTAMENTO GRAMMATICALE quando una parte grammaticale (preposizione, verbo, articolo, aggettivo, avverbio, congiunzione, etc) assume improvvisamente connotazioni semanticamente diverse. Oppure subisce un cambiamento: da aggettivo diventa avverbio, da verbo diventa aggettivo, da soggetto diventa complemento oggetto, e così via. Oppure sottende un’ambiguità relativamente alla sua connotazione grammaticale.
Se ne va la primavera, tremando, sull’erba dei campi.
Kobayashi Issa
Da un punto di vista grammaticale il soggetto del verbo “tremando” è la primavera. Ma la mente del lettore sposta l’azione del tremare sull’erba, e immancabilmente riusciamo a vedere l’erba dei campi mossa da un vento leggero.
il vetro appena lavato lucido non vedo
Pietro Tartamella (haisansan)
“lucido” può essere aggettivo o verbo (ambiguità), ma dopo la lettura del terzo verso diventa chiara la sua connotazione di aggettivo
mamma e figlia in bicicletta sfiorano i papaveri
Pietro Tartamella
“mamma e figlia” sono il soggetto che sfiorano i papaveri, ma contemporaneamente sono complemento oggetto, e sono i papaveri che sfiorano mamma e figlia
dall’alto guardano marmotte sulle pietre soldati in marcia
Pietro Tartamella
sono le marmotte a guardare i soldati? Ma sono anche i soldati che guardano le marmotte (quindi si guardano a vicenda)
gialli e verdi campi di grano alternano i campi di mais
Pietro Tartamella
gialli e verdi appaiono all’inizio aggettivi, ma si rivelano essere alla fine sostantivi
barche di latta affondavo nel fiume con mio fratello
Pietro Tartamella
affondavo nel fiume barche di latta. Ma anche affondavo nel fiume con mio fratello
ruote rubate l’auto appoggiata all’alba quattro mattoni
Pietro Tartamella
l’auto appoggiata all’alba, ma anche all’alba l’auto appoggiata su quattro mattoni
appallottolo con due dita caccola di naso e schizzo
Pietro Tartamella
appallottolo con due dita caccola di naso, ma contemporaneamente con due dita caccola di naso schizzo e, contemporaneamente, appallottolo con due dita uno schizzo.
31.2) RIBALTAMENTO DEL SE CONDIZIONALE
Se manca il Sake cosa vale la bellezza dei fiori di ciliegio?
Anonimo
anche struttura CASSANDRICA
31.3) RIBALTAMENTO PER COMPRESENZA quando due persone, oggetti, cose, idee, concetti, sono contemporaneamente presenti nello stesso luogo o tempo
Sera d’autunno nel cestino dei cachi un grillo morto
Marilì Deandrea
cachi nel cestino/ ma anche un grillo morto, ma anche la sera d’autunno è nel cestino dei cachi!
31.4) RIBALTAMENTO MODALE-POSTURALE quando, descrivendo il modo con cui si dipana un evento o un’azione, si mette in risalto un dettaglio della postura, o di un oggetto usato durante l’azione.
A Yoshino fiori di ciliegio ti mostrerò: cappelli di cipresso.
Matsuo Basho
31.5) RIBALTAMENTO PER CONTRASTO quando si pone un’azione, un attributo, una caratteristica, in contrapposizione a caratteristiche appena citate. Contrasto tra colori, misure, grandezze, pesi, sentimenti…
Sere d’inverno la gatta fa le fusa. Amore muto.
Gabriella Sorba
il rumore delle fusa in contrapposizione all’amore muto
Crepita il fuoco nel vecchio camino; cresce il silenzio.
Antonio De Rosa
il crepitio del fuoco in opposizione al silenzio che cresce
Notte perfetta di luna. rovinata da liti in famiglia.
Jack Kerouak
la bellezza della luna in contrapposizione alla tristezza della lite
Elefanti che mangiano l’erba. Amorose teste accostate.
Jack Kerouak
le grosse e rozze teste degli elefanti in contrapposizione alla tenerezza che esse esprimono
Sulle peonie bianche si vedono chiaramente formiche di montagna
Yosa Buson
il colore bianco delle peonie in contrato con il nero delle piccole formiche di montagna
Il cuculo con un solo grido segnala l’arrivo dell’estate.
Yoshikawa Ryota
il piccolo grido del cuculo, uno solo grido che dura un attimo, in contrasto con la grande estate calda e lunga e afosa che sta arrivando
Perfettamente calma contempla la montagna una rana
Kobayashi Issa
la grandezza della montagna in contrasto con la rana minuscola. Ma quella calma della rana è simile alla calma della montagna (ribaltamento per similitudine). È la montagna calma che contempla la rana? O è la rana calma a contemplare la montagna? (ribaltamento grammaticale).
31.6) RIBALTAMENTO PER DEFINIZIONE LONTANA quando un personaggio, un’azione, un oggetto, vengono definiti con attributi inconsueti e lontani, con immagini e somiglianze inaspettate, producendo uno svelamento insolito. Spesso il verso è preceduto da una pausa (virgola, punto, due punti, punto e virgola, trattino, a cui segue la “definizione lontana”.
Vecchietta curva. - quant’acqua da versare ai crisantemi.
Chiara Bertoglio
Uccelli in gabbia: sguardo invidioso per le farfalle
Kobayashi Issa
Casetta del polipo! Sogno effimero di una luna d’estate.
Matsuo Basho
31.7) RIBALTAMENTO ESORTALE quando qualcuno, o qualcosa, prende le parti o le difese di un altro o di un’altra cosa. Interessamento, difesa, partecipazione
Ranocchio magro non perdere! Io Issa sto con te
Kobayashi Issa
Non schiacciarla: la mosca ti prega sfregando le zampe.
Kobayashi Issa
il movimento delle zampette della mosca ricorda la posizione delle mani giunte di una persona che prega, quindi anche ribaltamento per similitudine lontana
31.8) RIBALTAMENTO CASSANDRICO quando viene posta una domanda. Normalmente la struttura interrogazione si accompagna con altre strutture di ribaltamento.
Buddha di pietra, chi gli ha offerto fiori di campo?
Kobayashi Issa
anche struttura CONTRASTO: i fiori di campo teneri, piccoli, effimeri, leggeri, producono un contrasto vicini alla maestosità, alla durezza, alla longevità della statua di pietra del buddha
abbandonato un guanto sulla neve. Dov’è la mano?
Pietro Tartamella
anche struttura MISURALE e FOCUS
Tra grano e riso è dimagrita per amore? Una gatta
Matsuo Basho
31.9) RIBALTAMENTO PER RECIPROCITÀ quando un oggetto, una persona, un evento sta facendo una cosa che contemporaneamente può essere attribuita ad un’altra persona, oggetto o evento.
sulla fessura il dorso della mano spinge il vento
Pietro Tartamella
è il vento che spinge la mano, ma anche la mano che spinge il vento.
pittura fresca il verde sul cancello sporco col dito
Pietro Tartamella
il dito sporca il verde fresco sul cancello lasciando una impronta, ma contemporaneamente il dito si sporca di vernice fresca
contro la forza del vento di primavera lottano le allodole
Yasui Oemaru
40.10) RIBALTAMENTO DEL RITORNO ALLE ORIGINI quando un oggetto, una cosa, una persona, un evento, tendono a ritornare all’origine
E’ primavera l’armadio che vorrebbe rigermogliare.
Fernando Liberati
armadio>legno>albero <> rigermogliare
31.11) RIBALTAMENTO A FOCUS cambiamento improvviso di prospettiva o focus. Quando viene messo all’improvviso in risalto un elemento che era poco visibile. L’autore d’un tratto lo rende vivido, destando quasi una “sorpresa” nel lettore. L’oggetto messo a fuoco poteva essere, nell’immagine descritta dall’haiku, sullo sfondo, o a destra, o a sinistra, o in alto, o in basso, o sopra o sotto, può essere anche in relazione al tempo, e potrebbe prima non comparire affatto. All’improvviso l’attenzione si posa su quel particolare. L’occhio si comporta come una telecamera.
Divertente! Le lucciole volano a destra e a sinistra.
Taiga
anche con ribaltamento per similitudine deduttiva (il movimento a destra e a sinistra delle lucciole sottintende la similitudine col movimento delle pupille, o della testa, di chi le sta guardando).
Becca una briciola la rondine sul tavolo. Tovaglia in fiore.
Pietro Tartamella
L’elemento principale è la rondine vicino alla briciola, ma la tovaglia a fiori che prima era sullo sfondo ecco rimbalzare all’improvviso in primo piano
Piedi limpidi dentro lo specchio d’acqua ruvidi scogli
Pietro Tartamella
i piedi limpidi e puliti dentro lo specchio d’acqua fresca sono il “centro dell’attenzione”, ma ecco improvvisamente rimbalzare in primo piano gli scogli ruvidi producendo uno spostamente anche sensoriale (dalla vista al tatto).
Ogni passero fa sentire la sua voce in un nido di topi.
Matsuo Basho
Triste una lucciola si spegne sulla mia mano
Mukai Kiorai
Silenziosamente muove i fiori di loto la tartaruga del laghetto
Kikan
sui salici passano i pipistrelli al tramonto
Kakarai Kikaku
Lampi! Zampe di ragno che scappano sul muro.
Kicho
L’uva è matura assaggio un grappolo alla mia altezza.
Antonio Orengo Scuola Elem. Tommaseo - Torino
E’ il grappolo d’uva che cattura l’attenzione connesso alla voglia di assaggiarlo. Ma subito dopo, mentre si compie il gesto di cogliere e assaggiare ecco che l’attenzione si sposta repentinamente alla consapevolezza che l’uva è all’altezza del bambino. I due “fuochi” dell’attenzione coesistono per una frazione di secondo. L’haiku coglie la contemporaneità di quelle due consapevolezze, prima che esse si separino.
canzoni mie a Capodanno canto dietro il tavolo
Stefano Maiorino
31.12) RIBALTAMENTO A DECUPLICO quando una cosa che appartiene a tutti viene messa in rapporto con un qualcosa che appartiene solo a una categoria
nelle vene con ugual colore scorre qualunque sangue
Toni Piccini
il colore rosso del sangue, che appartirene a tutti, viene messo in relazione con la pelle, che può avere colori diversi.
in ogni lingua sempre parla e risponde l’eco del monte
Antonella Filippi
l’eco, che appartiene ad ogni voce, viene messo in rapporto con la lingua che ogni voce può parlare
tazze di latte il bianco delle mucche a farci uguali
Pietro Tartamella
il colore bianco del latte delle mucche, uguale in ogni parte del mondo, messo in rapporto con la diversità del colore della pelle, delle lingue parlate, del ceto sociale
sto respirando proprio la stessa aria di quei passeri
Max Verhart
l’aria e il respiro che appartengono a tutti gli esseri viventi vengono messi in relazione specifica ai passeri e all’autore come singolo
31.13) RIBALTAMENTO PER INCREMENTO quando si prosegue con un aumento, una moltiplicazione, un incremento, quando si mette in atto la ripetizione di un concetto già espresso per sottolinearlo, ma la ripetizione non è fine a se stessa in quanto aggiunge altri significati.
il vento soffia - quasi staccata la foglia - soffia di nuovo
Valentin Frygin - Nayanova University - Russia
la ripetizione dell’azione del vento “soffia di nuovo” aggiunge altri significati: infatti la foglia, che era rimasta in bilico attaccata al ramo, la vediamo adesso staccarsi e cadere e volteggiare. Ma qualcuno potrebbe vederla ancora attaccata al ramo e il soffiare di nuovo del vento è un semplice soffiare di nuovo del vento. Ma anche in questo caso si prducono altri significati in quanto viene messa in risalto la tenacia con cui la foglia resta attaccata al ramo…
Una goccia cade dal triste abete rosso. Altre due gocce.
Jack Kerouak
prima cade una goccia poi ne cadono due (probabilmente sulla testa, o sul naso, o davanti agli occhi, in modo vivido comunque - anche struttura FOCUS
Con quattro passi la mia stanza misuro. Quindici il bimbo.
Pietro Tartamella
anche ribaltamento MISURALE
Due case davanti al grande fiume nella stagione delle piogge
Yosa Buson
c’è tanta acqua nel fiume in piena. Ad essa si somma l’acqua che sta piovendo dal cielo. Entrambe le acque sono in movimento. Per contrasto due case immobili davanti al fiume che scorre sotto tutta quell’acqua. Le case potrebbero essere una di fronte all’altra sulle due sponde, oppure affiancate su una stessa sponda. Le due case, mute, in silenzio, (solo rumore di acqua che abbraccia tutto) sembra che si guardino - anche struttura MISURALE: distanza dal fiume/distanza tra le case - anche struttura CONTRASTO: silenzio/rumore d’acqua
31.14) RIBALTAMENTO CARTESIANO viene giocato sulla contrapposizione di due “direzioni”
Rondini vanno Dietro le ali resta Neve che cade
Giulio Tortorici - Scuola Media Giuseppe Moscati - Roma
31.15) RIBALTAMENTO A MONETA ogni moneta ha due facce. Se guardo una faccia, l’altra, nascosta, pur se non la vedo, so che esiste sul retro.
alberi spogli sulle sponde del fiume ora s’ignorano
Sono Uchida
vedendo gli alberi senza foglie si percepisce il senso di “distanza” di “allontanamento”. Ma questa immagine la si vede in modo preciso e netto solo quando la mente è riuscita a vedere l’immagine parallela/opposta, quella cioè dell’estate, quando gli alberi sono così pieni di foglie e così ingranditi che le loro fronde si toccano. Si vede quindi l’altra facciata della moneta che era nascosta, ma l’immagine precedente la richiama obbligatoriamente (ribaltamento semantico)
31.16) RIBALTAMENTO PER ARRESTO DELL’AZIONE quando si mette in atto un’idea di “arresto dell’azione”, un “fermarsi” di ogni natura, fisica, ideale, concettuale
Polverosa via. Un tronco schiantato; qui io mi fermo.
31.17) RIBALTAMENTO A MISURALE quando oggetti, cose, persone, sono messe in relazione tra loro da un’idea di separazione, distanza, ravvicinamento, spazio, misura, quantità
Due panchine nel viale alberato separazione.
Pasquale Corsaro
Il profumo e il colore del glicine sembrano lontani dalla luna.
Yosa Buson
Glicine lilla scorta luna e stelle col suo profumo.
Beatrice Sanalitro
Nello stagno si riflette uno scoiattolo che salta sul glicine
Takarai Kikaku
abbandonato un guanto sulla neve. Dov’è la mano?
Pietro Tartamella
31.18) RIBALTAMENTO PROSALE quando viene descritta la sequenza logica e normale di un’azione o di un evento. E’ uno dei casi più difficili di realizzazione del ribaltamento, perché esso sembra inesistente, ma in realtà è piccolissimo, minimo, delicato, sfuggente. L’haiku resta sino alla fine in una sorta di “sospensione”, fino a quando viene messo in risalto all’improvviso un dettaglio, uno svelamento (normalmente nell’ultimo verso). Altre strutture di ribaltamento si trovano normalmente commiste con quello prosale.
Sulla campana del tempio posandosi riposa una farfalla.
Yosa Buson
Una farfalla che riposa su una campana è “raro”, “inconsueto”, “non frequente”. Ma c’è anche un tipo di ribaltamento per CONTRASTO (la leggerezza della farfalla/il pesante metallo della campana). Ma anche un ribaltamento per SIMILITUDINE (il volo della farfalla/come il “volo” del suono della campana, ed entrambe riposano e sono ferme in questo momento) e anche, per similitudine: la campana = fiore, su cui la farfalla riposa. Una molteplicità di significati si intersecano e intrecciano producendo il ribaltamento semantico.
Nell’antico giardino l’usignuolo canta durante il giorno
Yosa Buson
L’haiku procede in modo semplice e consequenziale, descrive come si svolge normalmente l’evento. Esiste però un piccolo scarto (e questo è il capovolgimento semantico) tra la vivida presenza dell’usignolo che canta ininterrottamente per tutto il giorno e si pone come “essere che canta qui e ora” in un tempo che abbraccia tutto il giorno, in opposizione all “antico giardino” che richiama il tempo passato con una moltiplicazione di quel “durante il giorno”.
Nel cadere al suolo stilla dalla corolla l’umore di un fiore di camelia
Matsuo Basho
Un gallo finge di essere un leone raddrizzando le piume.
Takarai Kikaku
31.19) RIBALTAMENTO PER SOSTITUZIONE DELL’ASPETTATIVA quello che accade, rispetto a ciò che ci aspettavamo, rispetto a ciò che sarebbe stato ovvio, consequenziale, atteso, è invece contrario, in contrasto, differente, inaspettato.
gettato un sasso nello stagno schizzano rane qui e là
Pietro Tartamella
ci aspettiamo schizzi d’acqua e gocce, invece schizzano rane qui e là
Mancato un calcio allo sportello del frigorifero. Si è chiuso lo stesso.
Jack Kerouak
ci aspettiamo che lo sportello non si chiuda visto che Jack ha mancato il calcio, ma si chiude lo stesso per effetto dello spostamento d’aria del calcio.
Dal naso del Grande Buddha esce una rondine
Kabayashi Issa
che dalla narice di un naso esca una rondine è ciò che uno non si aspetterebbe mai - anche struttura CONTRASTO (la statua è di pietra, la durezza e la maestosità del buddha in contrasto con la leggerezza della rondine)
31.20) RIBALTAMENTO PER SUPPOSIZIONE è in genere affermativa, e corrisponde a una domanda sottesa. Normalmente espressa con parole come “forse” – “può darsi” - e simili. E’ una struttura a rischio, difficile, perché si trova sul confine tra ciò che sta davvero accadendo e ciò che invece è una riflessione dell’autore. L’haiku predilige fotografare un momento concreto, fuori di noi, il più oggettivo possibile, cercando di fermarlo nella sua essenza, così com’è, senza coprirlo di riflessioni, pensieri personali, ipotesi, conclusioni, logica
L’ora dei pasti forse ricordano i passerotti
Tajo
Vogliono dire qualcosa i movimenti delle zampe del gallo
Anonimo
31.21) RIBALTAMENTO PER TRASLOCAZIONE spostamento di luogo, oggetti, azioni, nello spazio o nel tempo. Quando vengono poste cose in un luogo che invece è deputato a contenere normalmente altri soggetti. Quando si sradica da un luogo un oggetto che gli è proprio e lo si trasferisce in un altro luogo. Struttura di ribaltamento molto usata nell’haiku. Richiede discrezione e ponderatezza per non rischiare di essere artificiosi. Fetta di luna sull’orlo del bicchiere. Limone in cielo.
Elisabetta Bovo
conduce pian piano il cavallo sul suo dorso la luna di primavera
Waisujin
Acqua nella vaschetta - una pellicola di ghiaccio copre la luna
Jack Kerouak
Pigra calura dal cavo delle mani bevo la luna.
Fabrizio Virgili
Guizza la trota sul fondale scorrono le nuvole.
Onitsura
saltella il sasso sul lago dove affonda tocca la luna
Pietro Tartamella
Montagne lontane si riflettono negli occhi di una libellula
Kobayashi Issa
anche struttura CONTRASTO montagne grandi che stanno dentro i piccoli occhi della libellula
31.22) RIBALTAMENTO TRIVERSALE si ha il ribaltamento triversale quando esso si verifica in ogni verso. Struttura difficile, rischiosa, perché il ribaltamento deve procedere in ogni verso con un certo coordinamento, altrimenti si rischia di farlo diventare soltanto un elenco.
Si spegne l’eco della campana persiste il profumo dei fiori è sera!
Matsuo Basho
31.23) RIBALTAMENTO PLURISENSORIALE quando più sensi (udito, tatto, odorato, ascolto…) sono contemporaneamente coinvolti.
Viene dal fiume verde odore di canne mosse dal vento.
Pietro Tartamella
anche struttura a IPALLAGE (verde non è il colore dell’odore, ma delle canne)
31.24) RIBALTAMENTO PER SIMILITUDINE quando viene compiuto un paragone, viene espressa un’idea di somiglianza, di affinità, anche lontana. Spesso si usa “come”, “simile” “sembra”, ma non necessariamente. La similitudine può essere esplicita o velata, sottintesa. In ogni modo è un tipo di ribaltamento da usare con cautela; può spingere a diventare artificiosi.
La voce del fagiano. Quanta nostalgia per mio padre e mia madre.
Matsuo Basho
Bello vedere una mucca dimagrita nel campo estivo
Nozawa Boncho
il campo è secco per il caldo estivo, l’erba bruciata, il campo senza erba appare “magro”, spoglio, come la mucca dimagrita (perché mangia di meno). La mucca è bella nella sua magrezza, forse perché l’immagine di mucche troppo grasse ricorda la macellazione, gli animali messi all’ingrasso per poi abbatterli.
Penso, penso: passa davanti a me una lumaca
Anonimo
è un pensare lento, tranquillo, riflessivo (seduto sull’erba, forse davanti a uno stagno o a un fiume). I pensieri scorrono lentamente, come la lumaca che in quel momento attira l’attenzione.
L’ora dei pasti forse ricordano i passerotti
Tajo
Cadendo dall’albero striscia il serpente sulla terra calda.
Shikyu
la caduta dal ramo del serpente e il vederlo muovere a terra sembra lo sforzo di una persona che cerca di rimettersi in piedi. Contemporaneamente vi è la similitudine con il muovere dei piedi di una persona finita su una superficie caldissima; il serpente sembra che strisci (quasi con saltelli) per sentire meno il calore rovente della terra - mista alla struttura DUBITAZIONE
Vecchio maestro storto e luminoso come l’ulivo.
Carla Crivello
Il sole ride coi cento denti d’oro della pannocchia
Fabrizio Virgili
Mondo di ombre Così come le nubi anche le foglie
Antonella Filippi
vecchio albero lungo la strada spoglio come mio padre
Pietro Tartamella
31.25) RIBALTAMENTO PER SIMILITUDINE DEDUTTIVA quando due immagini contenute nell’haiku rimandano ad una somiglianza (che trova il lettore). Pur trattandosi nella sostanza di una similitudine non viene espressa con la particella “come”. L’autore non usa direttamente una similitudine, ma affiancando due immagini induce il lettore a trovare l’elemento comune.
Sulle frittelle polvere di zucchero. Fuori nevica
Livia Cesarin (Padova)
Raggio di sole nel buio della stanza. Polvere in festa.
Paolo Severi (Pavia)
31.26) RIBALTAMENTO PER METAFORA struttura basata su una relazione di somiglianza. Usata nell’haiku è una struttura difficile, a rischio, da usarsi con moderazione e ponderatamente, perché facilmente induce a perdere “la semplicità”, a diventare artificiosi, ricercati, eccessivamente compiacenti.
Mare di primavera per tutto il giorno ci abbraccia tiepidamente
Yosa Buson
31.27) RIBALTAMENTO PER METONIMIA struttura basata su una relazione di dipendenza. Si ha quando si usa il nome invece dell’opera ( lesse tutto il Leopardi ); la causa invece dell’effetto (di meraviglia credo mi dipinsi -Dante); l’effetto invece della causa (vive con il suo sudore); la materia di cui è fatto l’oggetto invece dell’ggetto stesso (fatto segretamente un legno armare (Boccaccio); lo strumento invece di chi lo adopera (quel che fe poi ch’elli uscì di Ravenna e saltò Rubicon, fu di tal volo che nol seguiteria lingua né penna - Dante); l’astratto per il concreto (Fiorenza si stava in pace sobria e pudica - Dante); il concreto al posto dell’astratto (messagger che porta olivo - Dante); il nome del Dio per indicare la guerra (Né strepito di Marte ancor turbò questa remota parte - Tasso); il contenitore invece del contenuto (cittadino Mastai bevi un bicchiere - Carducci). Da usare nell’haiku con moderazione e attenzione per non rischare di rusultare artificiosi.
Pioggia primaverile conversando passano un mantello e un ombrello.
Yosa Buson
non conversano le persone che passano, ma un mantello e un ombrello che quelle persone portano - anche struttura FOCUS
Breve notte d’estate: scorrono tra le canne le bollicine dei granchi
Yosa Buson
sono i granchi che scorrono, ma l’attenzione si sposta sulle bollicine
31.28) RIBALTAMENTO A SINEDDOCHE figura basata su una relazione di quantità. la parte per il tutto: arma la prora e salpa verso il mondo (D’Annunzio) il tutto invece della parte: il mondo è cieco il singolare invece del plurale: anche l’occhio vuole la sua parte il plurale al posto del singolare: quel dolce pome oggi porrà in pace le tue fami (Dante il genere al posto della specie: animal grazioso e benigno (Dante - animal sta per “uomo”) l’individuo per la specie: ecco stridendo l’orribil procella che il repentino furor di Borea spinge (Ariosto - Borea sta per “vento”) un numero determinato per un numero indeterminato: da cento scudi fu, da cento spade appugnato (Tasso) - facciamo quattro passi - abbiamo fatto una pedalata –
scheggia nell’occhio con la palpebra aperta il mondo a metà
Pietro Tartamella
anche struttura MISURALE e struttura ZOOM
40.29) RIBALTAMENO A IPALLAGE (greco ipallaghè = scambio) quando si attribuisce ad alcune parole della frase ciò che conviene ad altre parole della stessa frase. Quando un’azione, un attributo, una connotazione, un gesto vengono attribuiti a un soggetto diverso da quello cui logicamente spetterebbero.
Se ne va la primavera, tremando, sull’erba dei campi.
Kobayashi Issa
Viene dal fiume verde odore di canne mosse dal vento.
Pietro Tartamella
verde non è il colore dell’odore, ma delle canne. Ma verde potrebbe essere anche il colore delle acque del fiume – anche struttura SINESTETICA
fitta la nebbia lo strillone sventola voce tremante
Pietro Tartamella
lo strillone sventola i giornali, non la voce tremante - anche struttura METAFORA
31.30) RIBALTAMENTO AD ANAFORA (ripetizione di alcune parole). Quando un termine grammaticale (verbo, aggettivo, sostantivo, esclamazione, congiunzione, etc) viene ripetuto più volte. In poesia l’anafora è una ripetizione all’inizio di ogni verso. Negli haiku la intendiano come ripetizione in una qualsiasi parte del verso. velocemente si illuminano velocemente spariscono le lucciole
Chine
31.31) RIBALTAMENTO PER ANFIBOLOGIA (greco amphibolìa = ambiguità). Molto usata nell’haiku. Si realizza quando una parola (verbo, sostantivo, attributo o altro) può contemporaneamente essere riferita a parole precedenti e a parole successive.
festa d’autunno nelle piazze si gusta la nostra terra
Giuseppina Clema
“nelle piazze si gusta” può essere riferito sia a “la nostra terra” sia a “festa d’autunno”
32) ALCUNI STILI FORMALI DELL’HAIKU
stile interpuntivo E’ quello stile che usa spesso il punto interrogativo (domanda) o il punto esclamativo (meraviglia, stupore…) e in genere le virgole, i punti, i due puntini e i vari segni d’interpunzione.
stile nacked (nudo) E’ lo stile nudo che non usa interpunzione, che usa sempre le lettere minuscole e chiede al lettore un’attenzione maggiore per la sua comprensione (è lo stile proposto da Cascina Macondo).
stile esortativo E’ quello stile che usa frequentemente esortazioni rivolte agli esseri umani, ad elementi della natura, agli animali, rivolgendosi ad essi direttamente
stile sinestetico E’ quell’haiku che usa immagini iconografiche ricorrendo a uno dei cinque sensi (udito, tatto, vista, olfatto, gusto). Ricorre ad immagini onomatopeiche, agli odori, ai sapori. ai suoni, ai rumori, alle sensazioni tattili…
33) RACCOLTE PARTICOLARI DI HAIKU l'oggetto libro come veicolo e testimonianza di una visione Il libro come “oggetto”, quando si parla di raccolte haiku, può esprimere esso stesso una concezione filosofica ed esserne testimonianza concreta. Sono le diverse architetture, quasi giardini zen, con cui si dispongono i componimenti haiku all’interno di una raccolta che rendono manifesta la visione. Al di là dei significati di ogni singolo haiku, al di là della loro bellezza, è la loro organizzazione all’interno della raccolta che può produrre una forma in grado di veicolare significati altri. La condivisione di quelle architetture può concorrere alla creazione di una comunità internazionale profondamente accomunata dai valori dell’haiku e dalle sue straordinarie potenzialità. Cascina Macondo ha proposto, ad oggi, diversi tipi di raccolte haiku: la raccolta Tawani la raccolta Nakanisoto la raccolta Hanasanasi
33.1) RACCOLTA TAWANI il termine Tawani deriva da un cut-up di sillabe tratte da due parole lakota: zapetan (numero 5), waniyetu (anno)
- nella raccolta Tawani 171 componimenti (160 Haiku, 10 Senryu, 1 Tanka) - Le quattro stagioni si ripetono per 5 anni - Ogni ciclo annuale ha un titolo tratto da un haiku della raccolta - I cinque titoli dei 5 anni in sequenza formano il Tanka di chiusura (5-7-5-7-7 sillabe) - Il titolo di una raccolta Tawani è un verso della stessa raccolta - Ogni anno inizia con un Senryu e termina con un Senryu - Ogni stagione contiene 8 Haiku - Ogni anno è composto dunque di 32 Haiku e 2 Senryu (a inizio, e fine di ogni anno)
PER DEFINIRSI TAWANI UNA RACCOLTA HAIKU DEVE ANCORA AVERE I SEGUENTI REQUISITI:
1) ogni 57 componimenti deve essere obbligatoriamente inserito un haiku derogativo (non perfetto sillabicamente). Quindi, in tutto, 3 haiku derogativi contenuti nella raccolta. Questa scelta vuole concretamente ricordarci che la perfezione non esiste e non è da perseguire 2) in una raccolta Tawani è obbligatorio inserire 3 haiku non propri, ma di tre di amici verso cui si prova stima e fiducia. Verranno inseriti negli anni dispari (1-3-5). Quest’obbligo vuole semplicemente onorare l’amicizia.
3) l’autore di una raccolta Tawani si impegna a non leggere personalmente in pubblico gli haiku contenuti nella raccolta.. L’obbligo impegna l’autore a praticare un atto concreto di umiltà affidando i propri haiku alla voce narrante degli amici. La prima raccolta Tawani è stata pubblicata da Pietro Tartamella “Ciao Maestro” anno 2007 - edizione DeArt
CURIOSITÀ tanka in giapponese vuol dire “poesia breve”, detta anche waka (che significa tout-court “poesia giapponese”). È curioso notare che nella lingua Lakota “waka(n)tanka” significa: “Grande Spirito”!
Un’altra coincidenza che ci ha sorpreso, dopo la scelta della parola Tawani che ha origini Lakota, è l’aver notato che in giapponese TAIWA vuol dire “dialogo”, NI vuol dire “due”. Quindi taiwani potrebbe voler dire “dialogo a due”.Ci sorprende come i suoni “taiwani” e “tawani” siano pressocché identici!
I Nativi Americani non hanno nulla a che fare con il Giappone e l’Haiku. La scelta di suoni tratti dalla lingua Lakota per definire un “oggetto” che comunque proviene dal Giappone vuole semplicemente onorare il principio positivo delle buone contaminazioni.
33.2) RACCOLTA NAKANISOTO naka ni = dentro - soto ni = fuori
- Breve raccolta di 96 haiku - L’autore parla di sé e del mondo esterno - 24 haiku su di sé, 72 haiku sul mondo esterno - 1 haiku naka ni (parla di sé) seguito da 3 haiku soto ni (che parlano del mondo) - 8 haiku per ogni stagione - 32 haiku in un anno - La sequenza si ripete per 3 anni - S’incomincia con l’autunno
La raccolta NAKANISOTO è un percorso che aiuta a staccarsi da sé per guardare il mondo esterno, senza dimenticarsi di sé. Un atto di umiltà che ci ricorda quanto è lungo il cammino che ci porta a guardare le cose per quello che veramente sono.
La prima raccolta Nakanisoto è stata pubblicata da Antonella Filippi (Fukurò): "Rosa d'autunno" - prefazione di Junko Saeki e Pietro Tartamella ,sumi-e in copertina di Domenico Benedetto - edizioni Alba Libri - agosto 2010
33.3) RACCOLTA HANASANASI (Hana =fiore) - (San = tre) - (Asi = piede) - fiore su tre piedi
- brevissima raccolta di soli 17 haiku. - 4 haiku per ogni stagione + 1 haiku (l’ultimo) di nuovo autunno - obbligo di leggerli in modalità ZIKAN (ogni haiku viene letto in tre modi diversi: stile Sizuka Na (senza rumore-silenzio), stile Tanzi Suru (esporre le sillabe), stile Wabi Sabi (intonazioni vocali che legano il tutto).
Il percorso rituale di crescita di un Haijin potrebbe cominciare dapprima con la pubblicazione di una raccolta HANASANASI. Quindi una raccolta NAKANISOTO. Infine una raccolta TAWANI.
Le prime raccolte Hanasanasi sono state pubblicate sul web di Cascina Macondo: Antonella Filippi - marzo 2011 - Le parole dell’acqua Oscar Luparia - marzo 2011 - Nuvole in viaggio Pietro Tartamella - marzo 2011 - Sulla cima del salice Ambrogina Vigezzi - maggio 2011 - La luna si riposa 34) LETTURA AD ALTA VOCE DEGLI HAIKU MODALITA' ZIKAN e MODALITA' SINRAI SURU Cascina Macondo a seguito della sua ventennale esperienza di lettura ad alta voce propone una modalità particolare, e rituale, di lettura ad alta voce degli haiku. La modalità ZIKAN (in giapponese = “tempo”) è una modalità rituale di lettura degli haiku secondo cui un haiku si legge sempre tre volte e in tre modi diversi: 34.1) MODALITA' ZIKAN 1) la prima lettura avviene in stile SIZUKA NA (parola giapponese = senza rumori, silenzio); consiste nel mettere un lungo silenzio alla fine di ciascun verso
2) la seconda lettura avviene in stile TENZI SURU (parola giapponese = esporre); si mostrano e si “leggono” il contenuto sillabico e gli accorgimenti metrici ben distintamente. Si ottiene una lettura strana e particolare, che caratterizza e rende distintiva la lettura degli haiku. 3) la terza lettura avviene in stile WABI-SABI; si cuce tutto in una lettura morbida, aggiungendo intonazioni e sobri effetti di voce. Wabi = l’inatteso, il risveglio dell’attenzione. Sabi = il silenzio, la solitudine, il distacco, la contemplazione
34.2) MODALITÀ SINRAI SURU (parola giapponese =affidarsi ) è la stessa lettura della modalità Zikan, ma viene chiamata Sinrai Suru per indicare quell'occasione di lettura ad alta voce in cui l'autore, pur presente ad una cerimonia, delega e affida la lettura dei propri haiku ad una voce scelta tra quelle degli amici. In onore al principio che un autore non deve leggere personalmente i propri haiku. Regola vincolante della lettura di una raccolta Tawani.
35) IPOGENESI è una deroga particolare al conteggio delle sillabe. Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che supera le sillabe canoniche se contiene: - un nome proprio di persona, di cosa, di animale, di città, fiume, mare, montagna, la cui menzione risulta davvero indispensabile - se contiene un numero - se contiene un termine con valore di “titolo sociale” (Gentilissimo, Signor, Illustrissimo, Egregio…). In questi casi l'autore è libero di considerare quel nome proprio, o quel numero, o quel titolo, come composto DA UN MINIMO DI 1 SILLABA SINO AD UN MASSIMO DI SILLABE UGUALI AL NUMERO CHE QUELLE PAROLE EFFETTIVAMENTE CONTENGONO.
36) OMOGENESI è una deroga particolare al conteggio delle sillabe. Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che supera le sillabe canoniche se un sostantivo, che normalmente è di genere maschile, viene trasformato in genere femminile, o viceversa, a patto che il termine trasformato non abbia già un significato suo proprio. In questi casi l'autore è libero di considerare quel sostantivo trasformato di genere come composto DA UN MINIMO DI 1 SILLABA SINO AD UN MASSIMO DI SILLABE UGUALI AL NUMERO CHE ESSO EFFETTIVAMENTE CONTIENE.
esempio di haiku di Pietro Tartamella con omogenesi
fine agosto in giardina le uova strapazzate già si raffreddano
il primo verso, conteggiando le crasi, ha 7 sillabe. Ma il sostantivo maschile “giardino” è stato trasformato in genere femminile “giardina” che in italiano non ha significato. Potendolo conteggiare per osmosi come una sola sillaba il verso risulta di 5 sillabe.
Esempio di sostantivi che possono essere soggeti ad omogenesi:
albero > albera farfalla > farfallo matita > matito libro > libra penna > penno
Esempio di sostantivi che non possono essere soggeti ad omogenesi in quanto in taliano hanno un loro autonomo significato
caso > casa sole > sola moto > mota
37) ESTETICA WABI-SABI Il Wabi e il Sabi sono concetti che riguardano la poesia haiku. Il Wabi è l’inatteso, il risveglio dell’attenzione. È quello stato d’animo prodotto da un qualcosa che si profila alla nostra coscienza all’improvviso. Il Sabi è il silenzio. È il sentimento di grande solitudine, di grande quiete, pace, illimitata calma; il sentimento del distacco, del non possesso. Leonard Koren è un architetto. Ha scritto un libro: “Wabi-Sabi, per artisti, designer, poeti e filosofi”. Facciamo nostro il suo pensiero. Il Wabi-Sabi è la bellezza delle cose imperfette, temporanee, incompiute. È la bellezza delle cose umili e modeste. È la bellezza delle cose insolite. Il fango, la carta, il bambù sono wabi-sabi e le loro qualità intrinseche sono superiori all’oro, all’argento, ai diamanti. Nel wabi-sabi non esiste il concetto di “prezioso”. Un oggetto raggiunge la concezione di wabi-sabi solo nel momento in cui viene apprezzato per quello che è. Koren parla anche di “intimità”. Dice che le cose wabi-sabi sono piccole e compatte, sobrie e raccolte. Come se ci facessero segno di avvicinarci, di toccarle. Ci fanno percepire una distanza psicologica ridotta fra noi e le cose. I luoghi wabi-sabi sono ambienti pìccoli, appartati, intimi, che facilitano la riflessione.
38) CIÒ CHE È ASSOPITO l’Haiku coglie ciò che è assopito, ciò che è coperto da un velo, ciò che è avvolto dalla nebbia della quotidianità, dalla banalità, dalla ripetizione, e lo risveglia.
39) IN QUESTO LUOGO IN QUESTO MOMENTO il poeta Basho, per farci comprendere che cosa è l’Haiku dice: “L’Haiku è semplicemente ciò che sta succedendo in questo luogo, in questo momento”. Non dimentichiamo che l’Haiku è una poesia strettamente in relazione con la meditazione Zen. La percezione, il lampo di illuminazione dello Zen si riflettono nell’Haiku.
40) QUI E ORA - QUI E DOMANI ? Della vita di un uomo possiamo fermare un attimo, come se fosse una foto. Ma in realtà quell’attimo della vita di un uomo non è “statico” come la foto. E’ qualcosa di fermo sì, ma contemporaneamente contiene un movimento verso il futuro e un movimento che viene dal passato, come l’acqua che scorre in un fiume, come i pezzi di un’anguilla che tagliata continuano a muoversi anche dopo ore. La vita dell’uomo possiamo concepirla come una retta in movimento, quindi il qui e ora non è statico. Dovremmo allora dire, forse, QUI E DOMANI in quanto ogni attimo della nostra vita è fatto di passato, presente e futuro CONTEMPORANEAMENTE. Essere qui e domani vuol dire avere la percezione di queste tre dimensioni riunite in un unico attimo, ma nel contempo separate.
41) HAIKU POESIA TRASVERSALE Molti haiku scritti dai bambini e dalle persone con disabilità o handicap sono spesso superiori in bellezza a quelli scritti dagli adulti. Questo dimostra che l’haiku è un tipo di poesia così particolare che può definirsi davvero “trasversale”. Trasversale in seno alla stato sociale, alla razza, all’istruzione, all’età, e ad altri parametri con cui gli uomini amano spesso dividersi. Per scrivere un bellissimo haiku in sostanza non occorre essere laureati, né avere un diploma, non occorre essere ricco, non occorre aver studiato. Solo la sensibilità morale, sonora, linguistica, la semplicità, la concretezza, la compassione, la profondità di animo e di pensiero, il profondo rapporto con le cose e il mondo producono un bell’haiku. Virtù che possono appartenere a chiunque, al contadino come all’operaio, allo studente come al bambino, all’analfabeta come al laureato, al disabile come al politico. L’haiku è il tipo di poesia a cui tutti possono accedere, ma è così difficile che solo chi possiede quelle virtù potrà scriverne di belli.
42) SVUOTAMENTO MENTALE per cogliere l’essenza dell’Haiku, e per poter cominciare a scriverne di belli, occorre essere capaci di realizzare uno svuotamento mentale. Abbandonarsi, spogliarsi dei pensieri, delle idee, dei preconcetti. Saper guardare le cose per quello che realmente sono. (Sonomama è la parola giapponese per indicare questo concetto). Se non ci sono sovrastrutture mentali e ideologiche, se c’è fluidità e semplicità, se siamo in uno stato di “grazia”… (che dallo svuotamento mentale deriva), se siamo davvero in “ascolto”… solo allora riusciamo a vedere le cose nella loro essenza. Questo stato di grazia produce intorno a noi un “grande silenzio”. Il vuoto mentale e fisico si dilatano. In quel vuoto e in quel silenzio straordinario la percezione profonda della realtà si staglia con tutta la sua nitidezza, producendo quella “esplosione di luce” che è il fine ultimo dell’Haiku. Nel momento in cui l’Haiku viene “compreso” un intero poema si riversa su di noi. In quel preciso momento ci sentiamo permeati da una grande lucidità e una grande consapevolezza. Un grande senso di compassione ci avvolge.
43) ESPLOSIONE DI LUCE anche la lettura ad alta voce dell’Haiku riteniamo debba essere fatta col tentativo di creare le stesse condizioni di vuoto mentale e fisico. Silenzio rituale, scansione, lentezza, per facilitare, consentire, raggiungere, attraverso l’Haiku, quella esplosione di luce…
44) L'HAIKU E' LETTERATURA? la Letteratura è l’insieme della produzione in prosa e in poesia basata su canoni estetici prodotta da un popolo, da una cultura, in un certo momento storico. In molti paesi del mondo si riscontra la difficoltà per l’haiku di essere considerato letteratura. Forse perché: - manca ancora un' articolazione e descrizione dettagliata dei suoi canoni estetici - pochi sono ancora gli ottimi haijin - poca è ancora la produzione di ottimi haiku - scarsa qualità negli haiku diffusi in internet composti da principianti - migliaia di persone deridono la precisione e i canoni estetici dell’haiku in nome di una ambigua libertà di espressione - la sua collocazione nel mondo internet come un puro gioco e passatempo - la facilità con cui un così breve componimento può essere rubato, riciclato, ripetuto, da renderlo in breve banale - la mancanza di raccolte haiku che possano aiutare a definire l'haiku una produzione “letteraria” Forse occorre prendere in considerazione l’Haiku Narrativo (vedi la raccolta “40 Haiku per una Fiaba” di Pietro Tartamella, che racconta in 40 haiku la storia di Hansel e Gretel. Forse, pur restando l’haiku un componimento il cui significato è tutto racchiuso in se stesso, componimento autonomo e autosufficiente, un vero poema racchiuso in soli tre versi, forse occorre percorrere la strada narrativa, il raccontare storie utilizzando catene di haiku. Una sperimentazione e una produzione di opere particolari che potrebbero aiutare l’haiku ad entrare a pieno diritto nella letteratura. 45) UN VALORE NON SOLO LETTERARIO riteniamo che avvicinarsi all'haiku, impegnarsi a comprenderlo, a capirne profondamente la struttura, il valore, l’approccio mentale che occorre avere per comporne di veramente belli, significa affrontare una sfida, cimentarsi in un gran lavoro di autodisciplina. Soprattutto una palestra straordinaria per apprendere a separare l’essenziale dal superficiale, la concretezza dall’inutile e dal superfluo. Raggiungere la semplicità ed esplicitare la sostanza di una esperienza è ciò che caratterizza un Haiku. È un valore non solo letterario. Per questo proponiamo ogni anno un Concorso Internazionale di Poesia Haiku. Per questo invitiamo chiunque a cimentarsi in questo genere letterario. Per questo lo insegniamo nelle scuole, ai bambini, agli adolescenti, ai disabili. Per questo programmiamo iniziative per diffonderlo.
46) SCRIVERE DIECI HAIKU Il poeta Basho diceva: “Chi in tutta la propria vita riesce a scrivere cinque buoni Haiku può considerarsi uno scrittore di Haiku. Se riesce a scriverne dieci è un maestro di Haiku”. È un pensiero-iperbole, ma ne condividiamo la sostanza. Diffidiamo di coloro che scrivono migliaia di Haiku. 47) ESSERE SCRITTORI DI HAIKU il termine “HAIKU” è quello che si è diffuso in tutto il mondo e che sempre di più, ogni anno, viene conosciuto in tuto il mondo. Si può prevedere che nel giro dei prossimi vent'anni diventerà popolarissimo; potrebbe diventare la poesia del futuro. Ma dopo il periodo della moda: o cadrà in disuso per la produzione banalissima che potrebbe verificarsi, o assurgerà a vera letteratura. Sono pochissimi coloro che conoscono la parola SENRYU. Ancora di meno sono coloro che conoscono la parola HAIKAI. Nessuno conosce la parola HAISAN o SEKAISAN o SEKAI. Da qui deriva che gli autori, sapendo che la parola conosciuta nel mondo, è la parola Haiku, tendono a definirsi scrittori di Haiku, anche se in realtà scrivono Senryu, o Sekaisan. In verità si vuole sfruttare la popolarità dell’haiku e fregiarsi per così dire del suo “marchio” per essere più “riconoscibili” come autori e poter entrare con più facilità nel mondo dell’haiku. Non solo, nel loro immaginario l’haiku viene considerato più prestigioso del senryu e dell’haikai. Riteniamo che la strada per salvare l’haiku da una possibile banalizzazione futura, e per farlo entrare nella letteratura, è quella dell’esatta definizione e strutturazione della sua poetica, della precisa definizione dei diversi prodotti simili all’haiku, ma che haiku non sono, oltre, naturalmente, alla produzione di buoni haiku. Occorre inoltre lavorare perché si diffonda la terminologia precisa degli altri oggetti simili all’haiku e che ciascuno di essi abbia la propria dignità e il proprio valore. Il senryu, l’haikai, l’haiku, devono avere pari dignità, e di conseguenza anche i loro autori. E’ difficile scrivere un buon haiku quanto è difficile scrivere un buon senryu e un buon haikai.
strategie per fare in modo che l’haiku sia considerato letteratura
- scrivere buoni haiku - elaborare una poetica e una terminologia ampia, precisa, circostanziale dei fenomeni relativi all’haiku (contenuti e sillabe)
48) LA POESIA ESISTE GIÀ condividiamo il pensiero di Jan Skachel quando dice: “la poesia esiste già, essa giace nascosta da qualche parte da tempo immemorabile; il poeta non crea e non inventa nulla, egli semplicemente scopre la poesia e la porta alla luce”. I bambini, l’handicap, l’haiku tombolato, il cut-up, sembrano dimostrarci questa verità che un po’ ci spaventa, poiché può mettere in crisi la nostra identità di “autori”.Ecco alcuni haiku di bambini, e di ragazzi con handicap, composti nei nostri laboratori di poesia haiku e affabulazione:
Ha il cappello un pupazzo di neve. Gocciola il naso.
Marcello (7 anni)
belli i fiori di papà in giardino il mio haiku
Emilian Ratis (7 anni)
cibo nascosto nell’armadio del pane formiche nere
Rafis Raham (8 anni)
salta la rana dalla foglia all’acqua fiori che sbocciano
Carmela Dragotta - Area Handicap - Torino
emozionata spegnere la candela e il cielo azzurro
Germana Gottero - Area Handicap - Torino
Due parole per questo ultimo haiku. Per coglierne i molti significati occorre scandirlo con pause diverse. Se lo leggiamo:
emozionata pausa spegnere la candela lunga pausa e il cielo azzurro
Significa che l’autrice, in una qualche occasione di festa (probabilmente un compleanno) è emozionata mentre spegne la candela. Uno suo sguardo va al cielo, e semplicemente si rende conto di quanto azzurro e vivo è quel cielo. Ma se lo leggiamo con un altro ritmo:
emozionata pausa spegnere la candela nessuna pausa e il cielo azzurro
Significa che l´autrice è emozionata mentre spegne la candela e il cielo azzurro. Cioè spegne la candela e spegne anche, contemporaneamente, il cielo azzurro. La domanda è: come si fa a spegnere un cielo azzurro mentre si spegne una candela con cui sto festeggiando il mio compleanno? C’è un solo modo sensato per spegnere un cielo azzurro in questa circostanza. Chiudere gli occhi per l’emozione! Con gli occhi chiusi per l’emozione il cielo azzurro, per un attimo, scompare! Come se per un attimo lo avesse spento! Un buon haiku, come sostiene Hans-Peter Kraus, comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi che lo compongono.
49) GIANUHAIKU o HAIKU BIFRONTE definizione di Cascina Macondo: è un componimento poetico, proposto negli anni ’70 da Pietro Tartamella, formato da una coppia di Haiku, o Senryu, o Haikai, strettamente connessi. Il primo Haiku della coppia è detto “principale”, il secondo Haiku è detto “frontale”. L’Haiku principale è formato da 5-7-5 sillabe. Caratteristica dell’Haiku frontale è quella di essere composto con le stesse identiche lettere alfabetiche (non sillabe) che compongono l’Haiku principale. L’Haiku frontale può non avere più la scansione di 5-7-5 sillabe. Il secondo Haiku, quello frontale, esplora i contenuti semantici trasversali, i significati subliminali nascosti nella sostanza sonora di cui è composto l’Haiku principale. Ecco due Gianuhaiku di Pietro Tartamella:
haiku principale haiku frontale
abbandonato un guanto sulla neve dov’è la mano? | un tabù: Eva bada al mondo. Sete allungavo, nonno. | già abbozzato tra le ginocchia il cesto raggi di giunchi | Ogni lite schiocca giù draghi, cigni. A bozze ora battagli. |
50) RAKUHAIKU dal 1997 nei laboratori di Cascina Macondo sperimentiamo la ceramica Raku. Tre ciotole Raku, cotte il giorno della premiazione, sono il riconoscimento promesso ai primi tre classificati del nostro Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana. Il Rakuhaiku è un manufatto tipico di Cascina Macondo, risultato di una sperimentazione strettamente connessa con la poetica Haiku. E’ una ciotola Raku che poggia su una mattonella o una sorta di piatto. Un haiku interpretato con l’arte della ceramica Raku. Le ciotole Rakuhaiku prodotte a Macondo sono l’interpretazione di un Haiku o, direttamente, un Haiku esse stesse, senza l’abbinamento con un testo poetico. Se un testo esiste viene inciso sulla mattonella che accoglie la ciotola. Il Rakuhaiku è in sostanza una particolarissima forma di Haiga tridimensionale. Sono coinvolti i canoni estetici della poesia Haiku (semplicità, essenzialità, concentrazione…) e i canoni estetici del Raku (unicità, colore, forma, manufatto…). Haiku e Raku sono di origine giapponese. L’artigiano entra in comunicazione ideale e profonda con l’Haijin per trasformare l’Haiku da lui prodotto in un piccolo oggetto d’arte unico e irripetibile. E’ un passaggio: un testo reinterpretato, rivisitato dalla libertà, visione, sensibilità del vasaio che lo trasforma in oggetto, forma, colore. Un Haiku che gioisce al giorno.
51) SHASHAIJIN gioco rituale di composizione incrociata di haiku Shashaijin è una cerimonia. Un incontro di poeti. Più specificamente un incontro di scrittori di Haiku o, meglio ancora, un incontro di scrittori di Haiku Bifronte. I primi esperimenti di Haiku Bifronte condotti da Pietro Tartamella risalgono agli anni ’70. Un Haiku Bifronte, detto anche Gianuhaiku, è in sostanza un Haiku formato da una coppia di Haiku. Prendiamo questo Haiku Bifronte di Tartamella:
Accostàti al bar Amica in bianco si baciano manici bevi crolli di Rum. curvi di ombrelli. Così statica.
Il primo Haiku a sinistra è detto Principale. È un Haiku classico, formato da tre versi rispettivamente di 5, 7, 5 sillabe. Segue i canoni classici dell’Haiku. Il secondo Haiku a destra, detto Frontale, è un Haiku sempre formato da tre versi, ma le sillabe possono non seguire più la regola classica. Caratteristica dell’Haiku Frontale è che è composto con le stesse lettere alfabetiche del Principale, sia come quantità che come qualità. In sostanza è un anagramma. In qualche modo l’Haiku Frontale è legato al Principale. Ne è una conseguenza, può ampliarne o perfezionarne il significato, può essere in contrapposizione, può costituirne una sfumatura particolare, può contenere un ribaltamento anche sottilissimo. Uno è riflesso o specchio dell’altro. Vengono proposti sempre insieme formando appunto il genere specifico detto Haiku Bifronte. Shashaijin è appunto un incontro di poeti che in forma rituale si incontrano per comporre Haiku Bifronte. Lo fanno in un modo particolare, sotto forma di gioco appassionato, seguendo le precise regole della Shashaijin. HAIJIN è parola giapponese che significa “poeta”, “scrittore di Haiku”. SHA è parola Dakota che signifca “rosso”. Ripetuta due volte significa dunque “rosso rosso”. Ma gli Indiani d’America, le tribù Dakota delle Grandi Pianure, per dire “molto bello” usavano dire SHA-SHA (rosso rosso). Gli indiani d’America non c’entrano nulla con il Giappone. Ma quando abbiamo trovato la parola “Shashaijin”, per definire gli incontri a Macondo di scrittori di Haiku Bifronte, abbiamo pensato semplicemente che siamo grandi appassionati di Haiku e di Indiani d’America, e i due termini, pur appartenenti a culture così diverse, potevano benissimo coesistere per definire un gioco nuovo. In fondo amiamo le contaminazioni. Quelle forti, profonde, quelle che ci fanno cambiare davvero, che travalicano i confini geografici e uniscono gli uomini, tutto qui.
UN INCONTRO DI SHASHAIJIN
composizione degli haiku I partecipanti alla giornata di Shashaijin, dopo aver bevuto un caffè o un thè, troveranno, tra gli spazi del luogo che li ospita, un angolo dove sistemarsi. Se lo desiderano, per ispirarsi, possono anche passeggiare nel cortile, dal salice piangente al fico, dal melograno al kiwi. Un’ora di tempo più o meno. Dovranno comporre almeno un Haiku classico. Chiameremo questo Haiku: Principale
trascrizione degli haiku Tutti i partecipanti che hanno ormai composto uno o più Haiku Principali classici, dovranno ora trascriverli su apposite strisce di cartoncino colorato. Sulle strisce linee verticali delimitano una serie di piccoli quadrati. In ogni quadrato si scriverà una sola lettera dell’alfabeto. Tutte le lettere che costituiscono l’Haiku verranno riportate nei quadrati. Alla fine ogni partecipante scriverà in un quadratino il proprio nome. Se qualcuno ha composto più Haiku userà più strisce colorate, trascrivendo le relative lettere di tutti gli Haiku negli appositi quadrettini.
taglio del cartoncino Ora che tutti i partecipanti alla Shashaijin hanno trascritto i loro Haiku Principali sulle strisce di cartoncino colorato, ciascuno con un paio di forbici taglierà i quadrettini che contengono ovviamente ciascuno una lettera. Tutti i quadrettini relativi a un Haiku vengono mescolati e deposti in una ciotola.
nomi su un biglietto bianco Ogni partecipante alla Shashaijin scrive su un biglietto bianco il proprio nome. Tutti i nomi vengono raccolti in una ciotola e mescolati.
estrazione a sorte Dalla ciotola contenente i bigliettini bianchi si estrae a sorte il nome di uno dei partecipanti. Prima però si sarà definito a quale ciotola, contenente l’Haiku tagliuzzato, dovrà abbinarsi il partecipante estratto. Si prosegue alla estrazione, finchè ogni partecipante non è stato abbinato a una ciotola contenente un Haiku Principale tagliuzzato.
alla ricerca dell’haiku frontale Ogni partecipante dovrà ora trovare almeno un nuovo Haiku nascosto in quelle lettere (sappiamo che quelle lettere mescolate e confuse, almeno un Haiku lo contengono già). Ogni partecipante, trovato un Haiku Frontale, se ha ancora tempo a disposizione, può trovarne un secondo, e un terzo. Oppure può prendere un’altra ciotola contenente un altro Haiku tagliuzzato e trovare un Frontale per quell’Haiku. Tutto il tempo a disposizione lo si trascorre componendo.
lettura rituale degli haiku principali e degli haiku frontali Scaduto il tempo si effettua la lettura rituale degkli Haiku principali e quelli frontali che ciascuno a trovato in modalità Zikan.
cerimonia dell’accettazione Seduti in cerchio l’autore dell’Haiku Principale sceglierà uno, uno solo, degli Haiku frontali trovati dal compagno. Quell’Haiku sarà il Frontale del suo HAIKU BIFRONTE. Gli Haiku Bifronte (o Gianuhaiku) è un componimento concepito come “coppia di haiku” e verrà accompagnato dai nomi dell’Autore Principale e dell’Autore Frontale.
52) HAIKU ANARÈPLICO - O HAIKU REPLICANTE Sono haiku classici formati da tre versi di 5-7-5 sillabe. Il secondo verso di sette sillabe è come se fosse il ripieno di un sendwich .Le due fette di pane del sendwich sono i due versi uguali (1° e 3° verso) di 5 sillabe che lo racchiudono. Il terzo verso infatti è uguale al primo, ma è un suo anagramma. Gli haiku o i senryu anarèplici devono essere classici: 3 versi, di 5-7-5 sillabe; devono contenere il kigo, o il piccolo kigo, o altri kigo; devono avere il ribaltamento semantico.
a) il primo verso di un haiku anarèplico avrà 5 sillabe b) il secondo verso avrà 7 sillabe c) il terzo verso deve contenere, anagrammate, tutte le lettere alfabetiche del primo verso, ma può avere, all’inizio, una o due sillabe in più estranee all’anagramma, o facenti parte dell’anagramma, a patto che, per un qualsiasi fenomeno metrico, possano essere assimilate dal verso precedente
il seguente haiku anarèplico di pietro tartamella
cade la neve sui campi che si posano cane la vede
sarebbe stato formalmente corretto anche così:
cade la neve sui campi che si posano il cane la vede
l’articolo “il” viene infatti assorbito per anasinalefe dal verso precedente che termina per vocale e, di fatto, è come se non ci fosse nel terzo verso. Alcuni esempi di haiku anarèplici di Pietro Tartamella:
Meraviglioso mare e femmine estive. Virgole siamo.
rosso di sera all’angolo l’ubriaco sa dire sorso
vento d’autunno hai quest’anno i cipressi veduto tu nonna
ramo carico di neve notturna porta caro ricamo
i convolvoli si aprono a primavera voli col vino
53) HAIKU HAISIZEN (HAIKU NATURA) - fotografico Haisizen è un haiku fotografico (senza testo) composto da una sequenza di tre immagini complementari (foto, quadro, dipinto, disegno).
MITU ISSYONI (tre cose insieme) È la prima immagine. Formata appunto da un insieme di tre elementi che si riscontrano in natura, o che sono prodotti dall’uomo.
può essere UNI-FORME (che contiene tre elementi uguali: es. un trifoglio (le tre foglioline del trifoglio), un’elica (le tre pale dell’elica)
BI-FORME (che contiene due elementi uguali: una parete con 2 finestre e 1 porta)
TRI-FORME (che contiene tre elementi diversi, es: piattino-tazzina-cucchiaino).
KURIKAESU (ripetere) È la seconda immagine. Contiene gli stessi elementi della prima foto, ma ripresi con una prospettiva diversa
KUWAERU (aggiungere) È la terza immagine. Viene abbinata alle prime due immagini seguendo un criterio di relazione o di opposizione che in qualche modo acquista valore di ribaltamento semantico. (es. trifoglio/stivale, trifoglio/coperta, etc…). L'haiku Haisizen è una elaborazione di Cascina Macondo di un'idea incontrata al Congresso Internazionale Haiku di Vilnius - Lituania (ottobre 2009).
54) RENGA (lett. "Poesia a catena" o “Poesia collaborativa”). Genere che si sviluppò a partire dal XII secolo, in un primo tempo come passatempo e successivamente come arte. Più poeti (in genere tre – ma poteva anche verificarsi il caso di un unico autore) componevano a turno il kami no ku (o emistichio superiore, 5-7-5 sillabe), e lo shimo no ku (o emistichio inferiore 7-7 sillabe), fino a formare un renga di anche cento ku. La prima stanza del Renga, l’hokku, è l’antesignano del moderno haiku. L’ultimo verso, l’ageku, ha qualche riferimento o ha un legame con l’hokku. L’hokku fu rinominato haiku nel periodo Meiji dal grande poeta e critico giapponese Masaoka Shiki, che propose haiku come abbreviazione della frase “haikai no ku”, che significa “verso di haikai”. Nel Renga non c’è un ordine cronologico o narrativo, è come una conversazione accennata tra più persone collegate; lo scopo è mostrare cosa succede tra le connessioni.
55) RENGAY Il “Rengay” è la variante nordamericana del Renga o Renku, la classica poesia a catena; inventato nel 1992 da Garry Gay, consiste di 6 stanze scritte da due o tre poeti usando uno schema di haiku a 3 e 2 righe (5-7-5 / 7-7 sillabe). A differenza del Renga o Renku tutte e 6 le stanze sviluppano un unico tema e considerano solo una stagione. Nel caso della partecipazione di 2 poeti la struttura sarà: A3-B2-A3-B3-A2-B3; con 3 poeti la struttura sarà: A3-B2-C3-A2-B3-C2. Per la sua brevità, il Rengay si ricorda più facilmente ed è più agevolmente pubblicabile.
56) RENKURenga moderno nello stile di Matsuo Basho. Renku significa “versi collegati”; è la forma giapponese di poesia popolare collaborativa e collegata, nota come haikai no renga; deriva dall’antica forma poetica tradizionale dell’Ushin Renga o verso collegato collaborativo ortodosso. Il Renga tradizionale era un’attività di gruppo in cui ogni partecipante mostrava il proprio spirito componendo un verso in risposta al verso precedente e più la relazione tra i due versi era interessante più l’abilità del poeta era tenuta in riguardo; nell’Haikai no renga lo spirito umoristico che nasce dalla combinazione di elementi disparati si combina con elementi poetici tradizionali. I formati sono diversi dal Renga, che può arrivare a 100 stanze; nel Renku si arriva al massimo a 36 stanze. Come nel Renga vi è una stanza introduttiva (hokku) e una finale (ageku). Renku e Renga tradizionalmente si riferiscono alla stagione in cui vengono scritti, al luogo e alle circostanze della composizione; si possono avere altri riferimenti (es. luna, fiori,..). Non hanno un tema esplicito, come nel Rengay. 57) KASEN componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 36 strofe 58) HANKASEN componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 16 strofe 59) NIJUIN componimento collettivo moderno, una forma di Renku proposto Higashi Meiga e Shimobachi Kiyoko formato da 20 strofe 60) FUCI componimento collettivo moderno, proposto da Pietro Tartamella-Cascina Macondo formato da 22 haiku
Il Fuci è un particolare componimento poetico formato da 22 haiku. Il suo nome viene da “fuco” il maschio delle api che ha dimensioni più tozze e occhi più grandi delle api femmine. Il termine è stato “genitivizzato” in modo da conservare lo stesso suono al singolare e al plurale. La genitivizzazione rende il nome più morbido, lo ingentilisce, lo femminilizza, dandogli una reminiscenza giapponese. In Giappone scrivere poesie collettive è sempre stata una pratica diffusa e ricercata. I poeti si incontravano, e si incontrano, in riunioni e ritiri per scrivere componimenti collettivi formati da più strofe. Il Renga tradizionale era formato normalmente da 100 strofe (ma anche di più) connesse tra loro da una unità drammatica, non da una unità narrativa. Il poeta Basho (1644 -1694) fissando le regole del Renga lo aveva circoscritto a 36 strofe. Il poeta Masaoka Shiki (1867-1902), iniziatore della poesia moderna giapponese, sostenne che il Renga era antiquato. Propose di scrivere solo singoli Hokku chiamati Haiku. Negli anni trenta, poco prima della guerra, un movimento di poeti, opponendosi al pensiero di Shiki, ripropone il Renga, con il nome di Renku, apportando modifiche e nuove sensibilità. Il Renku moderno può avere lunghezze differenti: Kasen formato da 36 strofe, Hankasen formato da18 strofe. Poeti contemporanei come Higashi Meiga e Shimobachi Kiyoko, hanno proposto il Nijuin componimento di 20 strofe. Pietro Tartamella e i poeti haijin che frequentano Cascina Macondo propongono, dal mese di maggio dell’anno 2005, il Fuci, un componimento di 22 haiku.
Se si collegano tra loro i 22 haiku che compongono il Fuci seguendo il loro percorso generativo si ottiene una “figura” che ricorda la struttura della molecola, i cristalli, il fiocco di neve, l’atomo, l’occhio e il favo delle api. Graficamente il Fuci è un poligono con 12 lati.
Il Fuci è diverso dall’haiku correlato. Nell’haiku correlato vi è un filo conduttore narrativo, logico-sequenziale. Nel Fuci la connessione fra i 22 haiku non è narrativa, ma solo tassellare. I 22 haiku sono “tasselli di esperienza a catena” partite dal primo haiku detto Hokku, o dal Prèprimo. Il primo haiku genera il secondo e il terzo haiku. Dal secondo haiku verranno generati altri due haiku i quali a loro volta ne genereranno ciascuno altri due, e così di nuovo a partire dal terzo haiku che genererà altri due haiku che a loro volta stimoleranno la composizione ciascuno di altri due haiku, fino a raggiungere 22 haiku. Il percorso, raggiunto l’apice, con la stessa struttura comincia a chiudersi, finché non si scriverà l’ultimo haiku, detto Ageku, che chiude il Fuci.
L’ottavo haiku deve essere un Senryu (haiku senza stagione) Il quindicesimo haiku deve essere un Senryu (haiku senza stagione) Il dodicesimo haiku deve contenere lo stato d’animo Karumi (leggerezza, tenerezza, piccolo sorriso, piccola ironia, innocenza)
Il primo haiku (Hokku) viene scritto normalmente dal Sabaki (il Gran Cerimoniere, conduttore del gioco) ma può essere affidato dal Sabaki a un ospite anziano o comunque ritenuto importante e degno di stima (Waki).
A seconda della stagione che comparirà nel primo haiku gli autori partecipanti dovranno far seguire le altre stagioni secondo l’ordine con cui si alternano in natura. Gli haiku n° 1, 2, 3 (meridiano dell’hokku) devono contenere lo stesso Kigo (stagione)
Gli haiku n° 4, 5, 6, 7 (meridiano moschettiere istrolobale) avranno la stessa stagione (quella che segue in natura)
L’ haiku n° 8 (meridiano interlobale) sarà un Senryu (senza stagione)
Gli haiku n° 9, 10, 11, 12, 13, 14, (meridiano interlobale) avranno la stessa stagione (sempre seguendo l’ordine naturale)
L’haiku n° 12 avrà lo stato d’animo Karumi (la leggerezza)
L’haiku n° 15 (meridiano interlobale) sarà un Senryu (senza stagione)
Gli haiku n° 16, 17, 18, 19 (meridiano moschettiere estrolobale) avranno la stessa stagione
Gli haiku n° 20, 21, 22 (meridiano dell’Ageku) avranno la stessa stagione degli haiku 1, 2, 3 con cui è iniziato il Fuci. Ecco la struttura formale del Fuci:
STRUTTURA FORMALE DEL FUCI
 Si passerà da un haiku all’altro seguendo una suggestione contenuta nell’haiku precedente. Un colore, un sentimento, un oggetto, un’atmosfera, verranno ripresi, per similitudine o per opposizione dipanando un “discorso” o meglio un “viaggio” non basato sulla logica, ma su una sequenza di immagini tassellari che sono state evocate da immagini precedenti. Il punto di partenza del Fuci può essere il primo haiku stesso, ma anche una fotografia, un luogo, un paesaggio, una fontana, un albero, una pietra preziosa, un oggetto particolare. In questo caso l’oggetto si chiamerà Prèprimo. In mancanza di un oggetto il primo haiku, detto Hokku corrisponderà al Prèprimo. Il Fuci racconterà il “viaggio”, per accostamento di immagini e suggestioni, che il punto di partenza avrà suscitato negli autori partecipanti alla sessione creativa di scrittura del Fuci. Il Fuci è un componimento collettivo, rituale. I poeti partecipanti formano una vera “squadra”. A ciascuno di essi il Sabaki (gran cerimoniere, il conduttore del gioco) attribuirà le postazioni degli haiku che dovranno essere composti con precise avvertenze. I poeti conoscono solo gli haiku da cui dovranno generare il proprio. Solo alla fine del gioco tutti i partecipanti conosceranno l’intero componimento nell’ordinata sequenza dei cinque percorsi di lettura tipici del Fuci. Quando il componimento verrà stampato sarà composto da una sequenza di 50 haiku alcuni dei quali vengono ripetuti più volte.
CINQUE TIPI DI FUCI a seconda di quanti haiku scrive ogni singolo partecipante
FUCI AUTORALE è scritto da un solo autore che compone 22 haiku. Poco usato, perché l’essenza del Fuci è quella di essere un componimento collettivo e rituale
FUCI MONALE - haiku scritti da ogni autore: 1 - autori partecipanti: 22 È il Fuci che coinvolge nel rituale il maggior numero di poeti
FUCI ÀMBICO - haiku scritti da ogni autore: 2 - autori partecipanti: 11
FUCI TERNALE - haiku scritti da ogni autore: 3 - autori partecipanti: 7 È quello in cui si realizza al meglio lo spirito del Fuci. Sette autori entrano con tre haiku ciascuno nel gioco del Fuci potendolo così penetrare in modo globale e profondo. Un autore, il Sabaki, scrive 4 haiku (l’Hokku e l’Ageku). Il Sabaki, gran cerimoniere e conduttore del gioco, può riservare a se stesso l’haiku di apertura (Hokku) e quello di chiusura (Ageku) e decidere il Prèprimo. Il Sabaki può affidare l’onore dell’apertura del Fuci, o la chiusura, o la scelta del Prèprimo, a un Waki, un poeta anziano, qualcuno tenuto in particolare considerazione, o all’ospite…
FUCI SETTENALE - haiku scritti da ogni autore: 7 - autori partecipanti: 3 Tre autori scrivono ciascuno 7 haiku. Un autore ne scriverà 8, di solito il Sabaki che chiuderà il Fuci con il 22° haiku. Il Sabaki, gran cerimoniere e conduttore del gioco, può riservare a se stesso l’haiku di apertura (Hokku) e quello di chiusura (Ageku) e decidere il Prèprimo. Il Sabaki può affidare l’onore dell’apertura del Fuci, o la chiusura, o la scelta del Prèprimo, a un Waki, un poeta anziano, qualcuno tenuto in particolare considerazione, all’ospite.
5 PERCORSI DI LETTURA DEL FUCI Cinque sono i percorsi di lettura del Fuci che seguono il seguente ordine
1° percorso PERIFERICO NORD vengono letti 7 haiku corrispondenti ai numeri 1-2-4-8-16-20-22
2° percorso PERIFERICO SUD vengono letti 7 haiku corrispondenti ai numeri 1-3-7-15-19-21-22 3° percorso SAETTALE NORD vengono letti 7 haiku corrispondenti ai numeri 1-2-5-10-17-20-22 4° percorso SAETTALE SUD vengono letti 7 haiku corrispondenti ai numeri 1-3-6-13-18-21-22 5° percorso GENERATIVO vengono letti in sequenza i 22 haiku corrispondenti ai numeri 1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20-21-22
61) HAIKU TOMBOLATO haiku generato per cut-up dove la casualità seleziona i tre versi del componimento pescandoli a caso da un elenco (nascosto, o visibile) di versi a disposizione
62) HAIKU CARTESIANO O ORTOHAIKU haiga particolare che mostra di un haiku la propria specifica anima interna, producendo un disegno, un grafico cartesiano unico e autoreferente, una sorta di “traslazione grafica del componimento”, uno “spettro euclideo” che lo rappresenta visivamente.
Sugli assi cartesiani sono riportate le lettere dell’alfabeto. Si riportano le lettere alfabetiche dell’haiku sulla griglia. Unendo i punti si ottiene una delimitazione dello spazio, un disegno, una “forma” sempre diversa per ciascun haiku. Un haiga particolare che rappresenta l’haiku. L’occhio che legge haiku stampati tende a correre. Intravedendo l’haiku successivo già lo decifra. Svanisce così la pausa necessaria ad ogni haiku. Ogni haiku ha bisogno di uno spazio intorno, di un vuoto, in cui stagliarsi. Sono immagini concentrate pronte ad esplodere, ora con un balzo, ora con un tuffo di luce. Piccoli suoni per dilatare il tempo e per fermarlo un po’. L’ortohaiku è un esperimento suggerito dalla necessità della “lentezza”, un tentativo di risolvere il meccanismo dell’accelerazione durante l’atto della lettura. Con l’ortohaiku gli occhi devono decodificare non parola per parola, ma addirittura lettera per lettera. In questo modo nella mente va costruendosi lentamente il significato, la sequenza delle immagini contenute nel testo, con la percezione contemporanea della sua forma geometrica haigale. (Per citare una curiosità ricordiamo che gli studi sulla poesia cartesiana e sull’hortohaiku costarono a Tartamella, negli anni ’70, il licenziamento dall’ufficio tecnico in cui aveva da poco trovato lavoro. Al tempo in cui era ancora studente all’università si occupava di calcoli sul riscaldamento degli edifici presso lo studio di un noto ingegnere di Torino. A Tartamella non sembrava vero poter avere a disposizione un tennigrafo! L’ingegnere gli aveva dato con piacere il permesso di fermarsi in ufficio dopo l’orario di lavoro per fare i suoi esperimenti cartesiani. Un giorno Tartamella invitò Anna (allora sua fidanzata, oggi sua moglie) a salire al terzo piano per mostrarle i suoi esperimenti. La cosa non fu apprezzata dall’ingegnere in quanto Tartamella “aveva portato nello studio una persona “estranea”. E fu licenziato.)
63) HAIKUHANA (HAIKU NARRATIVO o HAIKU CORRELATO) una storia narrata con una serie di haiku messi in sequenza Già i poeti Basho, Issa, Shiki sostenevano che l’Haiku non fa parte del poema, ma è il poema stesso; con ciò intendendo che l’Haiku esprime un universo semantico concentrato in tre versi, ed è autonomo, concluso, un poema finito. “non fa parte del poema, non è un mezzo, ma un fine, è il poema stesso”. Siamo d’accordo su questo concetto. Ma alcune riflessioni ci aprono una strada nuova. Ci portano a sperimentare l’Haiku correlato o Haiku narrativo.Prendiamo questo Haiku di Basho: Sul ramo spoglio un corvo che si posa. Sera d’autunno. È un vero e proprio poema, un intero universo autonomo. Prendiamo un altro Haiku di Basho Nel vecchio stagno una rana si tuffa. Rumore d’acqua. Anche questo Haiku ha le stesse caratteristiche di finitezza e completezza, un poema intero autonomo. Ma se leggiamo questi due Haiku di Basho di seguito essi diventano: Sul ramo spoglio un corvo che si posa. Sera d’autunno. Nel vecchio stagno una rana si tuffa. Rumore d’acqua. In sequenza essi descrivono un qualcosa che accade. In qualche modo diventano correlati, come facenti parte di un tutto. Non appaiono più “assolutamente finiti”, ma “relativamente finiti”. Sono singoli poemi che in sequenza “raccontano”. Diventano narrativi. Così come sulla retina dell’occhio permane per un certo periodo di tempo una immagine, potremmo supporre analogamente l’esistenza di una “retina mentale”. Un pensiero rimane per un certo periodo di tempo nella nostra memoria. Se ad esso si fa seguire un altro pensiero la nostra mente trova delle connessioni e delle sequenzialità. Questo accade ogni volta che leggiamo un libro di Haiku, in quanto gli Haiku sono disposti fisicamente sulla pagina uno dietro l’altro. La possibilità che diventino, anche involontariamente, parte di un tutto è più che normale. È quasi automatico. È un processo della nostra mente. Dovremmo pubblicare libri di Haiku che contengono un solo Haiku, e leggerne uno all’anno, per poter sottrarre l’Haiku a questo processo mentale di correlazione. Ma allora si può pensare all’ipotesi di “raccontare una storia” attraverso una sequena intenzionale di Haiku. È una operazione che effettivamente sminuisce il valore e la potenza espressiva dell’Haiku in quanto da “poema” viene ridotto a “parte del poema”. Ma è un esperimento, perché non provare? Ecco allora una storia sperimentale, la storia di Hansel e Gretel raccontata da Pietro Tartamella con una sequenza di 40 Haiku. Riportiamo l’inizio:
una famiglia nel fitto bosco sola di notte ombre non c’è più pane il padre curvo piange rami piegati sente la madre i morsi della fame oscurità donna che sbrani con l’ombre, non puoi farlo! duro il cuore i bimbi hanno origliato l’inganno il lume spento abbandonati i figli alla morte raggi di luna
64) ONGHAIKU PERCUSSIVO haiku sonoro con metodologia solo percussiva. Un haiga particolare. Un insieme di oggetti della vita quotidiana (pentole, posate, campane delle mucche, coperchi, falci, bicchieri…) che emettono suoni diversi. A ciascun suono corrisponde una lettera dell’alfabeto. L’haiku può essere decodificato in base ai suoni. E’ simile all’ortohaiku che viene però decodificato in base alla posizione delle lettere nello spazio cartesiano. 65) SENRYUIl Senryu è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che non contiene il riferimento a una stagione o a una parte del giorno, che generalmente parla degli uomini e dei rapporti sociali, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”. 66) SENRYU GESTAZIONALE “Il Senryu Gestazionale è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che non contiene il riferimento a una stagione o a una parte del giorno, che generalmente parla degli uomini, e dei rapporti sociali, e che in verità inizia quando il lettore ha finito di leggerlo, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”.67) SENRYU FOTOGRAMMATICO “Il Senryu Fotogrammatico è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d'animo, che non contiene il riferimento a una stagione o a una parte del giorno, che parla generalmente degli uomini e dei rapporti sociali, teso a produrre nel lettore una pura contemplazione, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico”. 68) HAIKAI “L’Haikai è un componimento di origine giapponese senza titolo che fotografa un attimo, un momento intenso della realtà permeato da evidente umorismo, comicità, demenzialità, non-sense, strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico. Può o non contenere un riferimento alla stagione, a una parte del giorno, allo spazio, al tempo". Non bisogna confonderlo con l’haiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica). Nell’haikai la connotazione umoristica è decisamente marcata. Il seguente componimento è un Senryu pervaso dal sentimento Karumi:
mio malgrado ho pisciato qualche volta nel lavandino
Pietro Tartamella
Il seguente componimento è invece un Haikai con connotazione decisamente comica:
Mordo la mela e subito me ne accorgo: c’è mezzo verme!
Pietro Tartamella69) TIPOLOGIE CORRELATE ALL’HAIKUHAIBUNè un componimento poetico costituito da parti in prosa intercalati da haiku o senryu. In genere è il resoconto di un viaggio. Il testo in prosa è asciutto, essenziale, semplice. Gli haiku che lo intercalano non sono il riassunto di ciò che è stato scritto in prosa, ma aggiungono altri significati e lo completano. Famosi gli Haibun del poeta Basho. HAIGAè ogni composizione poetica (Haiku, Senryu, Haikai) abbinata ad una immagine. L’immagine può essere una fotografia, un disegno, una pittura, un pittogramma, un frattale, un film, e qualsiasi altro genere di “immagine”. SENRYUHANA (SENRYU NARRATIVO) una storia narrata da una serie di senryu messi in sequenza
HANAHAIKAI (HAIKAI NARRATIVO) una storia narrata da una serie di haikai messi in sequenza
HANAHAISAN (HAISAN NARRATIVO) una storia narrata da una serie di componimenti messi in sequenza ciascuno di tre versi con quantità libera di sillabe
SEKAISANHANA una storia narrata da una serie di componimenti messi in sequenza formati genericamente di tre versi di ogni tipo (sekaisàn)
HAIBUNSEKAI genericamente il resoconto di un viaggio con prosa intercalata da sekaisan (componimenti generici di tre versi)
HAIBUNSÈN resoconto di un viaggio con prosa intercalata da senryu
HAIBUNKAI resoconto di un viaggio con prosa intercalata da haikai (comici)
HAIBUNSÀN resoconto di un viaggio con prosa intercalata da haisan
HAIBUNSAKAISÀN resoconto di un viaggio con prosa intercalata da sekaisan (componimenti di 3 versi di ogni tipo)
HAIBUNHAIGO resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di haigo (5-5-5 sillabe)
HAIBUNHAIGANANATU resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di hainanatu (7-7-7 sillabe)
HAIBUNSANSAN resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di haisansan (3-7-3 sillabe)
HAIKAISÈN componimento decisamente umoristico tre versi di 5-7-5 sillabe NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo
HAISAN componimento lirico di tre versi con quantità libera di sillabe, può contenere o non contenere il Kigo
HAISANSÈN componimento lirico tre versi con quantità libera di sillabe, NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo
HAIKAISANHA componimento decisamente umoristico tre versi con quantità libera di sillabe, CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo
HAIKAISANSÈN componimento decisamente umoristico tre versi con quantità libera di sillabe, NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo
HAIGA una immagine abbinata ad un componimento lirico tre versi di 5-7-5 sillabe CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + haiku)
HAIGASEKAI una immagine abbinata ad un componimento generico di tre versi
HAIGASÈN una immagine abbinata ad un componimento lirico tre versi di 5-7-5 sillabe, NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + senryu)
HAIGAKAI una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico tre versi di 5-7-5 sillabe, CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + haikai)
HAIGAKAISÈN una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico tre versi di 5-7-5 sillabe, NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + haikaisèn)
HAIGASANHA una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico tre versi con quantità libera di sillabe CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + haikaisanha)
HAIGAKAISANSÈN una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico tre versi con quantità libera di sillabe, NON CONTIENE il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + haikaisansèn)
HAIGASANSAN una immagine abbinata a un haisansan (3-7-3 sillabe)
HAIGAGO una immagine abbinata a un haigo (5-5-5 sillabe)
HAIGANANATU una immagine abbinata a un hananatu (7-5-7 sillabe)
HAIGANAGAI una immagine abbinata a un hainagai (7-7-7 sillabe)
HANASI SEKAISAN una storia narrata con una sequenza di componimenti genericamente formati da tre versi
70) TIPOLOGIE DI SEKAISAN
HAISANSAN (3-7-3) componimento di tre versi con 3-7-3 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, comico, demenziale
HAIGO (5-5-5) componimento di tre versi con 5-5-5 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, o comico, o demenziale
HAINANATU (7-5-7) componimento di tre versi con 7-5-7 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, o comico, o demenziale
HAINIGO (5-5-7) componimento di tre versi con 5-5-7 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, o comico, o demenziale
HAINISITI (5-7-7) componimento di tre versi con 5-7-7 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, o comico, o demenziale
HAINAGAI (7-7-7) componimento di tre versi con 7-7-7 sillabe può avere il kigo o il piccolo kigo, può non averlo, può essere lirico, o comico, o demenziale 71) DIZIONARIETTOKESSHA Anche dopo la nascita dell’haiku, la tradizione di fare un circolo con un maestro-poeta o una maestra-poetessa è proseguita. Questi circoli si chiamano Kessha. “In Giappone, definiamo l’haiku “una letteratura delle riunioni” o “la letteratura delle riunioni e dello spirito solitario.” (Junko Saeko) TANKA Forma poetica giapponese di 31 morae (unità di suono, in italiano assimilabili alla sillaba) disposte in 5 versi di 5-7-5-7-7 morae ognuno. Questo tipo di waka (“poesia giapponese”) nasce nel V secolo d.C.; il Manyoshu (“Raccolta di 10.000 foglie”), la prima vera raccolta di poesie che data VIII secolo d.C., ne contiene 4200. In epoca moderna tanka fu il termine per waka, per distinguerla dalle poesie in stile cinese (kanshi) e dalle poesie lunghe (ch?ka:-5-7-5-7…7-7 morae). Dopo il Manyoshu, tanka e waka divennero sinonimi. A partire dal XIII secolo le prime tre righe del tanka (kami no ku “strofa superiore”) vengono usate dai poeti per comporre haikai e nel XVII secolo haiku.
SEKAISANJIN (o semplicemente SEKAIJIN) scrittore di poesie di soli tre versi
HAIJIN scrittore di haiku
SENRYUJIN scrittore di senryu
HAIKAIJIN scrittore di haikai
HAIGAIJIN produttore di haiga KIREJI - KANA IL Kireji e il Kana nell’uso giapponese sono una manciata di sillabe che si mettono nell’haiku al solo scopo di creare una pausa, una vaga attesa (Kireji = esclamazione di stacco, Kana = esclamazione conclusiva che crea un’atmosfera). Sono parole senza un vero significato, quasi segni di interpunzione con aspetto fonico che a volte sono portatori di una emozione. Una sospensione suggestiva che crea un vuoto nella percezione. Nella lingua italiana non esiste una corrispondenza con il Kireji e il Kana. Una vaga somiglianza possono essere i nostri segni di interpunzione, come il trattino. Vedasi il seguente haiku di Fabrizio Virgili:
Sazia di grano - un ramo la nasconde - ride la lepre Kireji significa letteralmente "il termine che taglia", ossia che sospende il discorso poetico, creando una pausa. In inglese, l'espressione tradotta corrispondente è cutting-word. Non esiste un equivalente preciso e comune nelle lingue occidentali. Noi lo abbiamo risolto, e anche in seguito lo renderemo, con un trattino, che ha la funzione di invitare il lettore a trovare un legame tra le due parti del poemetto. Ya è il kireji più usato a metà verso, mentre, in posizione di chiusura, si possono trovare kana, kamo e yo. KUYU amico, simpatizzante dei componimenti Haiku
KY?KAI “Associazione”, “Società”.
KAITEI Periodico giapponese di Haiku, fondato nel 1962 da Kaneko Tohta (1919 - ) presidente onorario della Modern Haiku Association, in opposizione a Shiki e al Renga, può avere la forma del Kasen o del Hankasen INUI Masayuki Inui, il cui “nom-de-plume” è Ban’ya Natsuishi. Masayuki Inui, nato ad Aioi (Giappone) nel 1955, si è laureato a Tokyo e lavora come docente alla Meiji University. Nel 1998 ha fondato la rivista “Ginyu” con Sayumi Kamakura. Nel 2000 ha fondato la World Haiku Association con Jim Kacian e Dimitar Anakiev. Ha partecipato a molti convegni internazionali haiku e organizzato conferenze WHA e il Tokyo Poetry Festival nel 2008. È direttore della Modern Haiku Association (Giappone). Ha pubblicato molte raccolte di haiku e diversi testi relativi a questa forma poetica. Vive a Fujimi, presso Tokyo. SAYUMI Probabilmente si riferisce a Sayumi Kamakura, nata nel 1953 nella prefettura di Kochi, in Giappone. Ha iniziato a scrivere haiku all’università e ha studiato sotto la guida di Toshiro Nomura e Sho Hayashi. Nel 1988 ha vinto l’Oki Sango Prize per lo stile lirico dei suoi haiku. Nel 1998 ha fondato la rivista “Ginyu” con Ban’ya Natsuishi. Nel 2001 ha vinto il Modern Haiku Association Prize. Ha pubblicato 5 raccolte di haiku e curato 3 antologie. I suoi haiku sono stati tradotti in Inglese, Greco, Russo, Bulgaro, Portoghese e Coreano. È membro e tesoriere della World Haiku Association.
semi d’erba in volo per scoprire il cielo chiaro
appena il cielo lo richiede i boccioli fioriscono
vieni, Maggio! senza insudiciare il nostro mondo
la sua voce rubata dal chiar di luna il gatto bianco SAIJIKI dizionario dei termini relativi ai kigo SAIJIKI ITALIANO dizionario relativo alle parole che determinano i diversi tipo di kigo (progetto di Cascina Macondo) Concludiamo questa prima parte del Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana dicendo:
a) conoscere perfettamente il presente Manifesto non sarà sufficiente a scrivere buoni haiku
b) ottimi haiku possono essere scritti da bravi Haijin anche senza aver letto il presente Manifesto
c) allora perché scrivere un Manifesto?
- per avere un linguaggio comune - per eliminare dubbi, incertezze, confusioni concettuali - per tentare di creare una comunità attiva internazionale - per aumentare le possibilità dell’haiku moderno, pur mantenendo una certa fedeltà alla tradizione - per abbozzare una via dell’Haiku Italiano - per necessità di chiarezza dettate dal fatto che Cascina Macondo organizza ogni anno un Concorso Internazionale di Poesia Haiku
Pietro Tartamella
PROMOTORE DEL "MANIFESTO DELLA POESIA HAIKU IN LINGUA ITALIANA" Cascina Macondo – Pietro Tartamella
CONTRIBUTI CONCETTUALI E STIMOLI (qualche volta anche oppositivi) che hanno reso possibile la stesura del "MANIFESTO DELLA POESIA HAIKU IN LINGUA ITALIANA":
Adriana Scarpa, Alberto Figliolia, Alessandra Gallo, Andrea Anselmino, Andrea Ceccarello, Andrea Cecon, Anna Maria Ramponi, Anna Maria Verrastro, Anna Tancredi, Annette Seimer, Antonella Filippi, Antonio Orengo, Arianna Sacerdoti, Ban’ya Natsuishi, Carla De Bellis, Carlo Bramanti, Cesare Barioli, Clelia Vaudano, Clirim Muca, Cristiana Croce Lavanga, David Cobb, Diederik De Beir, Doc Drumheller, Domenico Benedetto, Eduard Tara, Elisa Borin Sala, Elisa Spiga, Emilian Ratis, Emma Bonaguri, Enrico Mario Lazzarin, Fabia Binci, Fabrizio Virgili, Floriana Porta, Franco Galato, Gabriele Saccavino, Gabriella Maddalena Macidi, Geert Verbeke, Gianni Borraccino, Giorgio Gazzolo, Giuseppina Clema, Guy Vanden Broeck, Hans-Peter Kraus, Helga Härle, Jim Kacian, Josef Spencer, Junko Saeki, Katy Maraka, Kornelijus Platelis, Laila Cresta, Lella Buzzacchi, Lynne Rees, Livia Cesarin, Loredana Garnero, Loredana Savelli, Luuk Humblet, Marco Morello, Mariam Zouhir, Marilì Deandrea, Marina Bocu, Mario Secco, Marlène Buitelaar, Mattia Chiapino, Mauro Simoni, Max Verhart, Michele Bertolotto, Nataly Levi, Olga Chernyh, Olga Neagu, Oscar Luparia, Paolo Luino, Paolo Severi, Pasquale Corsaro, Pier Giorgio Manucci, Rafis Raham, Riccardo Zerbetto, Rita Hokai Piana, Rob Flipse, Sergio Tresin Satalic, Stefano Maiorino, Terry Olivi, Tini Haartsen, Tome Serge, Toni Piccini, Vanda Scrima, Vasile Moldovan, Vjsnia Mcmaster, Zinovy Vayman….
AD OGGI HANNO ADERITO AL "MANIFESTO DELLA POESIA HAIKU IN LINGUA ITALIANA" CONDIVIDENDONE CONTENUTI, FILOSOFIA, INTENZIONI...
Pietro Tartamella Alessandra Gallo Amelia Gaglione Annamaria Verrastro Annette Seimer Antonella Filippi Antonio Contoli Carlo Carlotto Clelia Vaudano Domenico Benedetto Donatella Pompei Fabia Binci Fabrizio Virgili Fanny Casali Sanna Graziella Ferrari Irene Baule Laura Uboldi Lucia Fontana Mario Secco Oscar Luparia Paola Grand Pasquale Asprea Pasquale Valente Roberto Timo Serafino Piermanni Silvestru Miclaus Terry Olivi Tommaso Franco Tonio d'Annucci Walter Viaggi ................. CONDIVIDI IL"MANIFESTO" ? Per essere inserito nell’elenco dei sottoscrittori inviaci una email:
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 “Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono” (Matsuo Basho - 1644/1694) PARTE PRIMA: L’HAIKU ITALIANO E LA POETICA HAIKU
PARTE SECONDA: SILLABE E METRICA NELL’HAIKU IN LINGUA ITALIANA 62 buoni motivi per insegnare l'haiku nelle scuole
l'haiku nella vita quotidiana dei giapponesi estetica wabi-sabi una via italiana alla poetica haiku musica e haiku l'esperienza Tat Twam Asi nell'haiku

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